Scatoloni pronti, ma soprattutto grandi buste di plastica piene di foto, libri, documenti, oggetti raccolti dalla scrivania negli ultimi frenetici giorni. Un ultimo sguardo ai corridoi infiniti, tutti uguali, con decine di porte ai lati. Un ultimo pranzo alla mensa all’ottavo piano, i cui prezzi sono stati nel tempo al centro di inchieste e interrogazioni, e un caffè al bar, custode di mille pettegolezzi. Un giro al pian terreno con la Sala degli Arazzi, la corte con il giardino all’italiana, le decorazioni del controsoffitto metallico. Poi, via verso le grandi vetrate dell’entrata, il cortile all’ingresso che ospita il Cavallo morente, simbolo della tv pubblica, e i cancelli, in genere solo leggermente aperti, anche per segnare un distacco dal viale spesso teatro di proteste e manifestazioni.
Sessant’anni dopo l’inaugurazione chiude i battenti da febbraio il palazzo della Rai di Viale Mazzini, scenario di trattative, contese, ascese e cadute, che hanno da sempre mobilitato la politica. Lo farà temporaneamente, per cinque anni si ritiene, per la disperazione degli esercizi commerciali della zona, a partire dallo storico bar Vanni, che già con il Covid avevano visto scendere i fatturati e ora temono il collasso.
Dopo il trasloco, partiranno i lavori di ristrutturazione e bonifica dall’amianto, attesi per anni e finalmente messi in cantiere con l’ultimo piano immobiliare, prima dell’accelerazione dovuta alla perdita di acqua dello scorso novembre che ha portato i livelli oltre le soglia d’allarme. Ora il palazzo verrà completamente svuotato internamente e ricostruito, a partire dagli impianti che nessuno osava toccare per la pericolosità dell’operazione. Resterà in piedi solo la struttura in acciaio che fu una grande innovazione architettonica della Roma degli anni ’60.
Fu l’architetto Francesco Berarducci, allievo di Pier Luigi Nervi, a progettarla, dopo aver dato vita nel 1957, a soli 33 anni, al centro di produzione di via Teulada. Erano passati pochi anni dalla nascita ufficiale della tv in Italia, quando si rese necessario un nuovo edificio per ospitare la direzione generale. Nacque così a Viale Mazzini, nel contesto di un quartiere risorgimentale come Prati, del tutto differente, questa grande e inconfondibile scatola circondata da vetri riflettenti, la cui trasparenza pare abbia consentito di scoprire inciuci e, almeno così racconta la leggenda, a un bravo fotografo munito di teleobiettivo di immortalare anche una liaison clandestina.
Una struttura totalmente flessibile, tanto che spostando i divisori era possibile allargare o restringere gli uffici, come immortalato nel film ‘La terrazza’ di Ettore Scola in cui un dirigente Rai vedeva cambiare le dimensioni della sua stanza a seconda delle sue diverse fortune politiche. Un racconto non così lontano dalle cronache sui movimenti che avvenivano al mitologico settimo piano ad ogni cambio di cda. Lì, qualche anno fa, un dirigente che aveva raggiunto l’età pensionabile si asserragliò nel suo ufficio e decise di lasciarlo solo quando fu adattata per lui un’altra stanza con tanto di targa sulla porta.
L’edificio fu reso ancor più unico quando, nel ’66, venne posata all’ingresso la scultura del cavallo realizzata da Francesco Messina, che potrebbe essere temporaneamente spostata per consentire i lavori. Se ne saprà di più nei prossimi mesi, perché ci vorrà un po’ prima che inizi il restauro. I 1300 dipendenti orfani di Viale Mazzini lavoreranno in larga parte in smart working, fino a quando le nuove destinazioni non saranno pronte. Per gestire il passaggio è stata istituita una task force, preseduta dal dg Roberto Sergio. Bisognerà spostare tutti i mobili nella sede di via Alessandro Severo, a Roma Sud, dove troveranno posto dopo l’estate tutti gli amministrativi e i membri del consiglio di amministrazione, che prima di allora si riuniranno a via Asiago. Lì, nella sede storica dedicata alla radiofonia, resterà un ufficio di rappresentanza per gestire i rapporti con gli artisti. La parte editoriale, cioè le direzioni di genere, finiranno, invece, a via Teulada, nei locali lasciati liberi dai dipendenti di Rai Way che si sposteranno nell’ex sede del Messaggero di viale Castrense.
Tra qualche anno poi rientro a Viale Mazzini, che, come sottolineato dall’Ad Giampaolo Rossi e dal dg nell’ultimo cda, rimarrà la sede centrale Rai a testimonianza della continuità di un’azienda che vuole andare avanti.
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