Tagliare i tassi oggi, per tagliarli ancora di più domani. Mistero Bce

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Con inflazione sotto controllo e crescita anemica la Banca centrale europea taglia ancora i tassi d’interesse, che calano di altri 25 punti base. I dubbi sulle decisioni dell’Eurotower per i prossimi mesi


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Dopo la decisione di giovedì scorso di ridurre i tassi d’interesse di altri 25 punti base, portandoli su un livello del 2,75 per cento, ci si comincia a interrogare sulle intenzioni della Banca centrale europea per i prossimi mesi. Ciò non riguarda solo eventuali altri tagli ma anche il livello al quale i tassi atterreranno alla fine del processo. Con l’inflazione ormai allineata sull’obiettivo del 2 per cento nei prossimi 18-24 mesi, le prospettive di crescita economica sono diventate la variabile fondamentale per la politica monetaria. Se l’attività rallenta e le pressioni inflazionistiche diminuiscono, c’è spazio per ulteriori tagli dei tassi d’interesse. Se invece l’attività riprende ad accelerare, i rischi inflazionistici aumentano e, di conseguenza, i tassi non solo non scenderanno ma potrebbero anche risalire

 

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Quest’ultimo scenario sembra prevalere negli Stati Uniti, dove le prospettive di crescita sono migliorate, anche in vista delle misure di sostegno che sta varando la nuova Amministrazione Trump. La Federal Reserve ha già indicato che gli spazi per ulteriori riduzioni potrebbero essersi esauriti. Suscitando le ire di Trump, ma questa è un’altra storia.
Il caso europeo è un po’ più problematico. Sebbene non sia facile fare previsioni di crescita per i prossimi anni, non solo a causa delle incertezze geopolitiche ma anche per la natura strutturale dei cambiamenti in atto in alcuni paesi, in particolare la Germania, i segnali di rallentamento sembrano evidenti. Nella pubblicazione di qualche giorno fa, il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso la crescita per il 2025, di quasi un punto percentuale rispetto alle previsioni fatte un anno fa (dall’1,9 per cento all’1 per cento). La prime stime sul prodotto interno lordo nell’ultimo trimestre del 2024, appena pubblicate, confermano i rischi al ribasso per l’attività economica. Di sicuro, l’economia europea sta crescendo meno del suo potenziale

In tale contesto – con l’inflazione che si prevede in discesa, in linea con l’obiettivo, e con il sussistere di notevoli rischi al ribasso sulla crescita – non è chiaro perché la Bce continui a mantenere una politica monetaria restrittiva. Certo, non è facile misurare il grado di restrizione in atto, anche perché è difficile – e probabilmente inutile, in questa fase – stimare il presunto livello di equilibrio del tasso d’interesse (denominato anche “tasso neutrale”). Tuttavia, è utile fare riferimento alla curva dei rendimenti, che mette a confronto i tassi d’interesse sulle scadenze più brevi, che sono influenzati dalla politica monetaria, con i rendimenti sulle attività prive di rischio (come i titoli di stato) a scadenze più lunghe, dai 5 ai 10 anni, che riflettono principalmente le aspettative di crescita e di inflazione. Una curva dei rendimenti piatta o inclinata negativamente, con tassi a breve termine superiori o uguali ai tassi a lungo termine, segnala una impostazione restrittiva della politica monetaria. Al contrario, una politica monetaria espansiva si traduce con dei tassi a breve termine significativamente più bassi di quelli a lunga scadenza. 

Paragonando l’attuale curva dei rendimenti in varie parti del mondo emerge che la politica monetaria dell’area dell’euro è la più restrittiva. I tassi a tre mesi si attestano intorno al 2,50 per cento, un livello lievemente superiore ai rendimenti sui titoli di stato tedeschi a 10 anni. In altre parole, la curva dei rendimenti è sostanzialmente piatta. La riduzione dei tassi che ha seguito la recente decisione della Bce conferma che tale decisione non è sufficiente a rendere la politica monetaria meno restrittiva. 

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Negli Stati Uniti, invece, la curva dei rendimenti è positiva, con il tasso a 10 anni superiore di circa 20-30 punti base rispetto al tasso a 3 mesi. In Giappone, dove il tasso a 10 anni supera quello a 3 mesi, il differenziale è addirittura di 90 punti. Ciò indica che in questi due paesi la politica monetaria è molto più espansiva, forse troppo. In Europa il rischio è di senso opposto. La restrizione appare eccessiva e non giustificata in base alle previsioni di una crescita anemica per il prossimo biennio e di un’inflazione ormai sotto controllo. Ciò significa che, con molta probabilità, la Bce dovrà continuare a tagliare i tassi nei prossimi mesi. Come già sottolineato, più tarderà a eliminare l’indesiderata restrizione monetaria, più dovrà tagliare i tassi d’interesse in futuro. 

 





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