Morto Mauro Antignano, il commissario aveva 58 anni: addio al poliziotto gentile che ha reso sicura Milano senza apparire

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di
Gianni Santucci

Il commissario capo era l’anima della squadra investigativa delle Volanti, maestro nei rapporti con informatori e magistrati. La formazione dei giovani colleghi, le indagini sulla criminalità straniera e sulla «coppia dell’acido»

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Il suo nome dirà poco, forse nulla, perché non aveva il grado per stare davanti alle telecamere, o per essere in prima fila alle conferenze stampa. Il suo nome sta scritto altrove, in centinaia di informative arrivate sui tavoli dei dirigenti della questura e dei magistrati, per quasi trent’anni, ed erano sempre perfette, con un’ architettura solida di fatti, prove e riscontri, inquadrati da un’ottima preparazione giuridica. Firma in calce: Commissario capo, Mauro Antignano. Per chi le riceveva, in questura o in Procura, la firma era una sorta di timbro di garanzia. La certezza che l’indagine era ben fatta. Quei documenti diventano la base di ordini di arresto, sequestri, mandati di cattura. Sono spesso il condensato di mesi di lavoro, intercettazioni, pedinamenti, interrogatori, accertamenti. Chi le scrive è quello che sta nel mezzo, tra i poliziotti per strada e i magistrati che dovranno fare un processo. 

Ecco, questo era il poliziotto Mauro Antignano, che se ne è andato all’improvviso, a 58 anni, nel pomeriggio di venerdì: un uomo che stava nel mezzo. Quello che va nei quartieri coi poliziotti giovani, che gli fa vedere come si fa un interrogatorio, che assorbe le loro ansie e le loro esuberanze, che insegna, che dimostra che un buon investigatore galleggia sempre tra la furbizia e una conoscenza del diritto da secchione, che può chiedere agli altri di lavorare fino a notte perché lui è il primo che se c’è bisogno sta lì in questura o in commissariato. Ecco, uno affidabile: per chi gli stava sopra e per chi gli stava sotto, per l’idea che la polizia si fa in squadra, anche quando c’è da sbraitare o da sbottare. 




















































Stare in mezzo, per Mauro, voleva dire a volte metterci la faccia anche dall’altra parte, con i magistrati: che magari non avevano subito la percezione della serietà di un’indagine, o della gravità di un fatto, o della necessità di muoversi in un certo modo, e Mauro non era uno di quei poliziotti che si tirava indietro per paura di commettere peccato di lesa maestà; spiegava, argomentava, sapeva usare la diplomazia, perché aveva buon intuito e buone parole. Perché era una persona gentile. Perché era serio e sapeva sorridere. Perché in fondo gli piaceva un po’ apparire: però quando i tanti giornalisti che per anni hanno approfittato della sua pazienza gli dicevano: «Dai Mauro, con tutto il lavoro che hai fatto, lo diciamo sul giornale che l’indagine è tua?», la sua risposta era sempre: «No, assolutamente, meglio di no». 

In questura ha seguito la criminalità straniera, poi è stato l’anima della squadra investigativa delle Volanti. L’indagine sulla «coppia dell’acido», nel 2015, l’ha seguita dal primo minuto fino ai processi, in un flusso ininterrotto di attestati di stima e litigate con un’altra persona buona che ormai non c’è più, il magistrato Marcello Musso, con cui si fermava a scrivere gli atti giudiziari più complessi anche nei pomeriggi di domenica, quando il Palazzo di giustizia è un falansterio di silenzio. Ha fatto tanta Squadra mobile. Ha lavorato nei commissariati e da un po’ di tempo era a Lambrate. Seguiva il centro per i rimpatri di via Corelli, e non era contento. Per i suoi ultimi anni in polizia avrebbe preferito un posto meno periferico. Si sentiva un po’ messo da parte. Ha gestito informatori. Ha formato tanti giovani investigatori. Aveva coraggio e resistenza alla fatica e una grande dedizione al lavoro. Era orgoglioso dei suoi meriti, ma sapeva riconoscere i meriti altrui. Ha sempre saputo come si costruisce una squadra tra la fatica e il sorriso. L’ordine pubblico non gli piaceva, ma l’ultimo turno l’ha fatto mercoledì sera. 

Forse per un po’ di anni ha fumato troppe sigarette. Ha avuto tantissimi amici. Aveva una balbuzie appena accennata, che si notava appena, e quel minimo incespicare delle parole mostrava anche un uomo con una sua tenerezza riposta. Qualcuno ha fatto in tempo a dirgli grazie. Quando si parla di sicurezza a Milano è bene ricordare che tanto merito va alle persone così. Quelle con un nome che, a chi sta fuori dalla polizia, dice poco, o forse nulla. Commissario Capo Mauro Antignano, 1966-2025.

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1 febbraio 2025 ( modifica il 1 febbraio 2025 | 11:09)

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