Film in tv oggi: Siccità su Rai 3

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Siccità, su Rai Tre il film de regista Paolo Virzì (Il capitale umano) con Silvio Orlando, Valerio Mastandrea e Monica Bellucci che racconta di una Roma in preda ad una lunga siccità che finisce per stravolgerne regole e abitudini.

Siccità – Cast e personaggi

Silvio Orlando: Antonio
Valerio Mastandrea: Loris
Elena Lietti: Mila
Tommaso Ragno: Alfredo
Claudia Pandolfi: Sara
Vinicio Marchioni: Luca
Monica Bellucci: Valentina
Diego Ribon: Professor Del Vecchio
Max Tortora: Alberto Jacolucci
Emanuela Fanelli: Raffaella Zarate
Gabriel Montesi: Valerio
Sara Serraiocco: Giulia
Emma Fasano: Martina
Emanuele Maria Di Stefano: Sebastiano
Malich Cissé: Sembene
Paola Tiziana Cruciani: la madre di Loris
Gianni Di Gregorio: il padre di Loris
Andrea Renzi: il Presidente
Massimo Popolizio: se stesso
Giovanni Franzoni: Filippo
Federico D’Ovidio: Lino
Lorenzo Gioielli: Corrado Zarate
Sara Lazzaro: Rose
Edoardo Purgatori: Pierluigi
Stefano Scandaletti: dottor Scandaletti
Federico Maria Sardelli: direttore d’orchestra
Beatrice Schiros: signora in farmacia
Giovanni Bussi : Conduttore News

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Siccità – Trama e trailer

Tutto quello che c'è da sapere su

A Roma non piove da tre anni e la mancanza d’acqua stravolge regole e abitudini. Nella città che muore di sete e di divieti si muove un coro di personaggi, giovani e vecchi, emarginati e di successo, vittime e approfittatori. Le loro esistenze sono legate in un unico disegno, mentre cercano ognuno la propria redenzione.

Tutto quello che c'è da sapere su

Paolo Virzì dopo il nostalgico Notti magiche e prima del sottovalutato sequel Un altro ferragosto ci porta in una Roma distopica in cui scarseggia nientemeno che un bene primario come l’acqua, un bene spesso al centro di odierni sprechi inconciliabili, rispetto alla drammatica necessità non solo a livello globale, ma anche nella nostra “moderna” Italia proiettata verso il futuro.

Virzì allestisce una galleria di varia umanità che si muove sullo sfondo di un ambientazione che gioca sul filo del grottesco, ma mai rinunciando al realismo che è alla base del cinema di Virzì. Quel quotidiano romanzato, umanamente edulcorato, contaminato da satira e humour nero, ma mai volutamente posticcio nel suo raccontare l’essere umano tra tanti vizi e qualche virtù.

L’efficace utilizzo di effetti visivi nel film di Virzì, con un impressionante Tevere in secca, ricorda a tutti lo scenario futuribile di un sempre più evidente cambiamento climatico, a cui si aggiunge l’allarme sanitario di questi ultimi anni di pandemia, che ritroviamo nel film con una Roma in allarme per una epidemia veicolata dalle blatte. Insomma Virzì dimostra di essere sul pezzo, ben supportato da un cast dedito al racconto e una capacità di narrare attraverso una malinconica ma pungente satira di costume che punta il dito sul malcostume della società italiana odierna con tutte le sue inevitabili idiosincrasie.

Curiosità

Tutto quello che c'è da sapere su

  • Paolo Virzì dirige “Siccità” da una sua sceneggiatura scritta con Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo da un soggetto di Paolo Giordano e Paolo Virzì.
  • Il team che ha supportato il regista Paolo Virzì dietro le quinte ha incluso il direttore della fotografia Luca Bigazzi (La grande bellezza), il montatore Jacopo Quadri (Notti Magiche), lo scenografo Dimitri Capuani (Pinocchio di Garrone) e la costumista Ottavia Virzì (…Alice non lo sa!).
  • Il film è stato presentato fuori concorso alla 79a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha ottenuto tre riconoscimenti: Premio Pasinetti al miglior film, il Soundtrak Stars Award 2022 per la migliore colonna sonora e il Premio speciale Green Drop Award.
  • Ai David di Donatello 2023 il film ha ottenuto quattro candidature, vincendo nella categorie Migliori effetti speciali visivi (Marco Geracitano) e per la Miglior attrice non protagonista (Emanuela Fanelli).
  • Le riprese del film, iniziate nel febbraio 2021, si sono svolte a Roma. Sono stati impiegati diversi effetti visivi per rendere la Città arida e “desertificare” il Tevere. Il regista ha raccontato come siano state girate alcune scene chiave utilizzando i droni, che hanno ripreso prima il Tevere, col suo corso d’acqua, e poi, seguendo lo stesso movimento di macchina e percorso, le sabbiose Cave della Magliana. Le immagini sono state poi sovrapposte in post-produzione.
  • “Siccità” è prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, società del gruppo Fremantle, e Vision Distribution.

Note di regia

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Nel momento in cui le strade delle nostre città erano deserte, ed eravamo chiusi ciascuno a casa propria, connessi l’uno all’altro solo attraverso degli schermi, ci è venuto naturale guardare avanti, interrogandoci su quello che sarebbe stata la nostra vita dopo. Abbiamo iniziato a fantasticare su un film ambientato tra qualche anno, in un futuro non così distante dal presente. Immaginando alcuni racconti da far procedere ciascuno autonomamente, secondo la tecnica del film corale, che man mano scopriamo esser legati l’uno all’altro in un intreccio più grande. Una galleria di personaggi ugualmente innocenti e colpevoli, una umanità spaventata, affannata, afflitta dall’aridità delle relazioni, malata di vanità, mitomania, rabbia, che attraversa una città dal passato glorioso come Roma, che si sta sgretolando e “muore di sete e di sonno”.  [Paolo Virzì]

Interviste agli sceneggiatori

Tutto quello che c'è da sapere su

Il titolo “Siccità” evoca un argomento che oggi è di grande attualità. Non lo era quando avete cominciato a lavorare al copione, da dove nasce questa idea?

FRANCESCA ARCHIBUGI: “Eravamo spaventati dal Covid, reduci dal primo lockdown severo, Paolo Virzì ci parlò di quest’idea e ci sembrò subito molto bella, in qualche modo canalizzava tutte le nostre paure, le trasportava su un altro piano, ci consentiva di impegnare l’immaginazione su qualcosa di inventato ma contiguo. Potevamo utilizzare ciò che avevamo visto in noi stessi, ma anche negli altri, dalla nostra finestra. Masticarlo, reinventandolo, utilizzarlo come materiale narrativo. In più, conversando con Paolo Giordano, che è anche un uomo di scienza e affronta la narrazione dal suo originale spiraglio, ci si allargava la prospettiva”.

Che cosa accade in scena, chi sono gli uomini e le donne di età, estrazione sociale e contesti diversi che appaiono nel film e che cosa li accomuna in maniera più evidente o più sotterranea?

FA: “Sì, le persone sono molto diverse. Davanti a una catastrofe, ognuno reagisce a modo suo, rivelando il proprio stile cognitivo. Cosa guida le emozioni, cosa è importante e cosa no. Le difficoltà esaltano le reazioni individuali, e nelle reazioni individuali dei personaggi c’è sempre qualcosa di avvincente”.

La forma e lo sviluppo del racconto fa pensare ai romanzi di Carver, in particolare a Short Cuts e al film che ne ha tratto Robert Altman con i vari personaggi in apparenza lontani, che poi risultano collegati dall’incrocio di esperienze e destini comuni: è un riferimento che avete tenuto presente fin dall’inizio del vostro lavoro?

FA: “Sì, abbiamo parlato di quel film, ma anche di altri: molti film sono costruiti sulle storie incrociate. Ne abbiamo rivisti alcuni ma poi, quando scrivi, tutto quello che hai visto è introiettato e dimenticato. Sono i tuoi personaggi che si arrampicano sulle “scalette”.

Come vi siete divisi i compiti? Lei, Paolo Virzì e Francesco Piccolo avevate già collaborato spesso per varie sceneggiature firmate insieme, che cosa è cambiato con l’ingresso in squadra di Paolo Giordano? Avete cambiato metodo, avete scritto ognuno per proprio conto e poi vi siete confrontati per dar vita a un approccio e a uno sguardo comune sulla materia?

FA: Ci piace lavorare tutti insieme, stare insieme, lavorare e parlare, scrivere e ridere, farci dei pranzetti e ricominciare. Anche se lavoriamo in atmosfera giocosa, sentiamo tantissimo la responsabilità di ciò che stiamo raccontando. Fare film è un privilegio che bisogna meritarsi. Paolo Giordano, così più giovane di noi, è scivolato in squadra come fosse oliato. Pensavo che fosse un tipo serio, – lo chiamiamo “il professore” – e che in sua presenza dovessimo comportarci bene, non prendere per i fondelli il mondo intero, invece è un burlone come noi. Ma portava informazioni esatte. È stato bello”.

Il film appare una riflessione dura e a volte triste sul presente e l’immediato futuro, ma voi siete tra gli eredi più autorevoli di un genere nobile come la grande commedia italiana del passato. Credete che oggi sia più difficile impegnarsi nel cinema civile di denuncia attraverso la satira di costume?

FA: “Le storie hanno dentro, misteriosamente, il proprio stile. Scrivere con Paolo Virzì è appagante perché è elastico, duttile, percettivo, accoglie e scarta proposte con una sicurezza dolce e autorevole. Poi quando vedi le pagine messe in scena, vedi il film, ti rendi conto che lui paolizza ogni cosa, ha il suo tocco, una specie di realtà aumentata, la vita in scala 1 a 1 e mezzo: rende vivida, sapida, ogni ansa del racconto come possedesse un filtro Instagram. Per me i film di Paolo, una volta finiti, sono sempre una sorpresa”.

Il titolo Siccità evoca un argomento che oggi è di grande attualità. Non lo era quando avete cominciato a lavorare al copione, da dove nasce questa idea? Che cosa vi stava a cuore rappresentare fin dall’inizio? Volevate forse rappresentare uno stato di emergenza generale mutuato dalla diffusa inquietudine provocata dalla pandemia?

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PAOLO GIORDANO: “Il primo contatto tra me e Paolo Virzì è avvenuto ad aprile 2020, nel momento del vero lockdown; non ci conoscevamo molto bene, ci eravamo incrociati solo un paio di volte. Non ricordo bene se l’input fosse arrivato direttamente da lui o se fosse stato il nostro produttore Mario Gianani a parlarmi della possibilità di interagire con Paolo, per poter portare un mio contributo a un racconto da sviluppare. Comunque, Virzì e io abbiamo chiacchierato su zoom riguardo a un’idea che al momento era quella di una storia corale che potesse parlare del nostro presente. Avevamo un po’ tutti in testa l’idea di come riuscire a raccontare il difficile momento della pandemia, se fosse stato giusto farlo subito o aspettare del tempo. Noi due abbiamo scoperto presto di avere un’idea comune: non era nostra intenzione parlare direttamente di pandemia, ma eravamo convinti che le storie che da lì in avanti avremmo raccontato avrebbero dovuto essere affrontate con la consapevolezza di qualcosa di nuovo. Io mi dedico da tempo alle tematiche ambientali e ai cambiamenti climatici e so quanto i problemi legati all’acqua e all’idrosfera siano uno degli aspetti più inquietanti e urgenti della nostra epoca: oggi in un’estate di siccità tutti sembriamo coinvolti sul tema, ma in realtà si tratta di problematiche all’ordine del giorno da tempo su cui c’è stato e c’è molto studio. Ricordavo un momento del 2017 in cui a Roma si parlava addirittura di razionamento dell’acqua e così la storia di Siccità è venuta fuori dalle nostre conversazioni. È nata l’idea di ambientare tante vicende diverse all’interno di una plausibile emergenza dei nostri tempi. Il calco più a portata di mano è stato quello di un’emergenza reale, che si è verificata davvero qualche anno fa in Sudafrica, a Città del Capo, dove è stato decretato il razionamento dell’acqua e uno stato di emergenza, legato al consumo idrico. Ci siamo documentati su uno scenario plausibile che avrebbe potuto verificarsi e abbiamo spinto un po’ in avanti l’immaginazione mostrando, ad esempio, il Tevere a secco completamente svuotato. Inoltre, se penso a un fiume a me vicino e caro, come il Po, in questi mesi mi rendo conto che non siamo andati troppo lontano. Quando Virzì e io, e in seguito con Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, ci siamo ritrovati nel picco delle suggestioni pandemiche – era “l’autunno nero” delle cosiddette “zone rosse”- abbiamo lasciato filtrare la storia che stavamo scrivendo attraverso l’emotività del momento senza mai “schiacciarci” sull’attualità.

Come vi siete divisi i compiti lei e gli altri sceneggiatori? Avete scritto ognuno per proprio conto e poi vi siete confrontati per dar vita a un approccio e a uno sguardo comune sulla materia?

PG: “Questo argomento è stato a lungo oggetto di scherzo tra noi quattro, c’ è stata una lunga fase predominante in cui ci siamo incontrati tutti fisicamente, debitamente “tamponati”, per almeno un paio di mesi con molte riunioni in comune in cui abbiamo sviluppato un trattamento corposo. In seguito, quando abbiamo avuto tutto il film ci siamo divisi la sceneggiatura in quattro: ognuno di noi ha preso per sé una parte e ha lavorato in autonomia; infine, ci siamo incontrati tutti insieme per omogeneizzare il materiale. È stato un processo estremamente razionale e metodico e anche piacevole per quello che mi riguarda”.

Si nota l’assenza programmatica di qualsiasi giudizio o moralismo nella rappresentazione dei vari personaggi: lei è convinto, come gli altri sceneggiatori del film, che sia necessario comprendere le motivazioni e compenetrarsi comunque, anche con quelli più negativi o di difficile redenzione?

PG: “Certo, è qualcosa che appartiene al DNA di ognuno di noi, anche se forse io tendo a un impianto più strettamente tragico. Il giudizio non si poneva affatto come istinto, che era invece quello di disinnescare col sorriso e una messa in discussione più divertita dei personaggi. Questo per me è stato un aspetto più nuovo e divertente e mi sono sintonizzato volentieri a mia volta con loro. Quello che trovo interessante di questo mio mestiere extra di sceneggiatore è che mi costringe a sintonizzarmi su mondi e contesti che non sono automaticamente miei”.

Il film appare una riflessione dura e a volte triste sul presente e l’immediato futuro. Credete che oggi sia più difficile impegnarsi nel cinema civile di denuncia attraverso la satira di costume?

PG: “Un certo tipo di commedia italiana, anche se a volte funziona ancora oggi, soffre per una certa polverizzazione della società. Alcuni stereotipi o tipizzazioni dei nostri connazionali oggi sono più difficili da rappresentare rispetto agli scorsi decenni, perché i tipi umani e sociali sono meno riconoscibili. Il contesto civile e sociale rispetto a quell’epoca è cambiato, c’è più rimescolamento, più variazioni su un “continuum”: un determinato tipo di approccio non funziona più così bene. Ci sono intere parti della società che vengono tagliate fuori come pensiero o riflessione, a me capita di sentirlo molto quando si parla di libri e di cultura in modo diverso, non c’è più un riferimento culturale, un centro, ma moltissimi rivoli e quindi è tutto più difficile. Per quello che ci riguarda credo però che Siccità risolva comunque un problema di un certo tipo di contesto, c’è un grande contesto che ci accomuna e in quest’ambito vediamo le traiettorie dei singoli uomini e donne che non sono emblemi, ma dei personaggi. Io ho riferimenti diversi rispetto ai personaggi che rappresentano una classe sociale, tendo a vedere individualità più complesse e anche più ibride. Noi sceneggiatori abbiamo parlato molto delle storie che sono venute fuori chiacchierando, non abbiamo teorizzato, questo discorso era tutto più implicito. Nel nostro film ha una parte decisiva l’incastro della storia e quando lavori, ti occupa molto la mente la mappa di queste storie e, in un certo senso, questo ci ha impedito di fare troppa teoria”.

Da dove arriva l’idea di Siccità?

FRANCESCO PICCOLO: “L’idea del film è di Paolo Giordano e Paolo Virzì. Era appena finito il primo lockdown quando Virzì ha chiesto anche a me e a Francesca Archibugi di collaborare. È stato chiaro, fin dall’inizio, che non intendevamo fare nessun riferimento esplicito alla pandemia, scrivendo il film abbiamo cercato di raccontare quella particolare fase di inquietudine mettendo in scena, come facciamo sempre con Virzì, soprattutto storie di persone, la loro umanità, attraverso un tipo di sguardo che non è e non deve essere mai giudicante. Cerchiamo sempre di avere uno sguardo che sia impietoso e pietoso al tempo stesso: non esistono personaggi positivi o negativi o unidimensionali e questo lo dico a proposito sia della vita che del cinema, che dovrebbe sempre preoccuparsi di rendere le persone complesse come lo sono nella realtà”.

Come vi siete divisi i compiti in fase di sceneggiatura?

FP: “Abbiamo dato vita, fin da subito, a una specie di laboratorio comune, ma qualche volta ci siamo dati anche “compiti a casa” da eseguire ognuno per proprio conto. Giordano è entrato nella nostra collaudata squadra di lavoro con una “morbidezza” molto bella, mi è piaciuto molto lavorare con lui”.

Avete scritto le storie intrecciate dei vari personaggi pensando già direttamente a chi li avrebbe interpretati?

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FP: “Come succede molto spesso con Paolo Virzì, mentre scrivevamo veniva fuori ogni tanto il nome di un attore che ci sembrava giusto per un certo ruolo e una volta individuato un interprete, che di comune accordo pensavamo fosse quello ideale, ci capitava di scrivere alcune sequenze o alcuni dialoghi anche in funzione delle sue caratteristiche”.

Come vi siete documentati sul tema siccità?

FP: “Abbiamo letto e studiato molti testi sull’argomento, indagando soprattutto gli aspetti che riguardavano gli effetti a breve termine. Nel film si vedono certe cose che si rivelano “apparentate” alla nostra realtà di questi giorni, ma in fase di scrittura noi non pensavamo minimamente che questo problema, che era comunque già all’epoca molto vivo e urgente, sarebbe diventato poi così impellente”.

La forma di racconto fa pensare ai libri di Raymond Carver e in particolare a Short Cuts…

FP: “È stato molto appassionante e divertente costruire la trama fondendo le varie vite e le varie storie con i personaggi che si incrociano e si conoscono, e far scoprire, ad esempio, a poco a poco, che un avvocato è anche l’amante di una donna vista nel corso del racconto…”

Nel film si nota l’assenza programmatica di qualsiasi giudizio o moralismo nella rappresentazione dei vari personaggi: lei è sempre convinto che sia necessario comprenderne le motivazioni e compenetrarsi comunque, anche con quelli più negativi o di difficile redenzione come insegnava Furio Scarpelli?

FP: “Credo sia una caratteristica che accomuna molto me, Virzì e Archibugi: capire le ragioni di ogni personaggio, e anche quando compie atti discutibili”.

Che cosa ha pensato dopo aver visto il film finito?

FP: “Un film deve parlare da solo e Siccità ha parlato anche a me spettatore, mi è piaciuto tantissimo così come mi piaceva già molto il copione. Nel mio lavoro a me questo basta, essere contento di quello che abbiamo fatto, e lo sono molto. Poi è ovvio che però saranno gli altri a giudicare quello che abbiamo fatto…”

Siccità – La colonna sonora del film

Tutto quello che c'è da sapere su

  • La colonna sonora, curata da Franco Piersanti con musiche eseguite dalla Roma Film Orchestra, ha vinto il “Soundtrack Stars Award 2022” come miglior colonna sonora alla 79a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
  • I crediti di Piersanti includono musiche per Il ladro di bambini, Il caimano, Mio fratello è figlio unico, Romanzo di una strage, Momenti di trascurabile felicità e Il commissario Montalbano.
  • “‘Siccità’ è la mia seconda collaborazione con Paolo Virzì – ha dichiarato Franco Piersanti – Se in ‘Tutta la vita davanti’ del 2008, il registro musicale alternava malinconia, grottesco disciolti in una vaga visionarietà, in ‘Siccità’ il suono si inacidisce molto come fosse vittima di una disidratazione fonica, e tutto sembra stridere e alterarsi. È solo grazie alla ‘Pioggia’, che chiude il racconto sia delle immagini che della musica, che i sentimenti rifluiscono, riaccomunando le tante anime vaganti e inaridite di questo film così vibrante della nostra attualità”.
  • Il brano “Pioggia” è stato diretto dal Maestro Alessandro Molinari
  • La colonna sonora del film include anche un brano di Mina, “Mi sei scoppiato dentro al cuore” (edito da Edizioni Curci), scelto appositamente dallo stesso regista Paolo Virzì, particolarmente legato alla canzone.

Tutto quello che c'è da sapere su

1. Pioggia Versione Trio
2. Aurora
3. La Poetica Del Secco
4. Acido
5. Canto Fermo
6. Confessione
7. Filo Del Ragno
8. Miraggio
9. Notturno
10. Passo Dopo Passo
11. Tevere Mitologico
12. Pioggia

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La colonna sonora di “Siccità” è disponibile su Amazon.



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