L’applicazione SustainAPP per valutare la sostenibilità dei piatti

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Rappresentare, rendere visibile e lampante il ‘rischio’ e la ‘potenzialità’ alla base di certe scelte, è un modo efficace per provare a cambiare le cose. Quando si parla di cibo, ristorazione e filiere agroalimentari, a fiumi di parole è dunque strategico affiancare strumenti che parlino in maniera diretta ai consumatori. Particolarmente interessante, in questo senso, l’iniziativa coordinata dalla professoressa Giuliana Vinci, docente di Scienze Merceologiche all’Università La Sapienza di Roma. Con SustainAPP, ha trovato il modo di ‘scansionare’ la genesi dei piatti che ordiniamo al ristorante, attribuendo un colore alla loro globale sostenibilità e impatto ambientale, con un grosso plus: contrastare i tentativi di green washing.

Il progetto della Professoressa Giuliana Vinci dell’Università La Sapienza

Nonostante manchi poco alla sua ‘messa a terra’, il progetto di Vinci è già stato presentato all’ultima edizione della fiera romana Maker Faire, lo scorso ottobre, nonché in alcuni recenti eventi. Guidando il lavoro di ricerca dei propri studenti, la professoressa, come ci racconta, ha immaginato “un’app per misurare l’impatto ambientale. Un tema dalla prospettiva più che ampia, che abbiamo però voluto circoscrivere all’ambito della ristorazione”. Una volta pronta, l’applicazione sarà messa a disposizione dei ristoratori interessati, che potranno inserire una serie di dati a proposito degli ingredienti utilizzati, nonché della relativa origine e dei passaggi della preparazione, per i propri piatti in menu. Ogni pietanza, quindi, riporterà una sorta di ‘tachimetro’ (o un semaforo) che attribuirà un valore a cinque diverse categorie. La somma dei punteggi sarà simboleggiata da un colore eloquente: dal verde al rosso.

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SustainAPP: un’app evoluta per contrastare il ‘green washing’

Ordinazioni al ristorante

Ma come si arriva dai dati raccolti alla possibilità — un passaggio a dir poco delicato — di misurare l’impatto ambientale dei piatti che ordiniamo? Facciamo un passo indietro. Il presupposto del progetto è contribuire all’auspicabile passaggio dall’economia linea a quella circolare, uno dei temi principali del corso della docente. Maggior efficienza nell’uso delle risorse, eco-innovazione nei cicli produttivi, sviluppo di nuovi modelli di gestione delle risorse e, infine, sviluppo ed applicazione di indicatori di performance e metodi di misurazione sono le strade da percorrere. L’ultimo ambito è quello in cui si inserisce SustainAPP. “L’applicazione prende in considerazione tutti gli step della produzione agroalimentare, considerando un totale di 18 categorie. Generalmente”, precisa la professoressa Vinci, “ci si concentra su due parametri principali, che sono la carbon footprint e la water footprint”, ovvero quelli che stimano le emissioni di gas serra e il consumo di acqua causati da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento o da un individuo. “Limitare l’analisi a questo paio di fattori”, spiega, “presterebbe infatti il fianco a interpretazioni parziali e potenziali operazioni di green washing

Il funzionamento e le prospettive future di SustainAPP

Uno strumento operativo di supporto ai principi dell‘economia circolare è la metodologia di analisi del ciclo di vita, chiamata Life Cycle Assessment. Sostanzialmente, una base sulla quale misurare l‘impatto ambientale di un prodotto (o, appunto, di un servizio o altro) nel suo intero ciclo di vita: materie prime, lavorazioni, assemblaggio, uso, raccolta, smaltimento. Questi i termini generali, che nel nostro caso sono applicati a tutto il ’ciclo di vita‘ dei piatti dei ristoranti. Ci sono naturalmente alcune norme che regolamentano le iniziative LCA (le ISO 14040 e 14044 del 2016), e il funzionamento dell‘app si fonda sul software SimaPro 9.5.

Clienti al ristorante

Per fare un esempio pratico, la professoressa pensa a una pietanza a base di carne, particolarmente impattante — come ormai noto — in tutti i passaggi, dalla produzione alla preparazione: “Un piatto del genere avrà quasi sicuramente un ’bollino rosso‘, e dunque i consumatori sapranno che sarà bene associarlo magari a una pietanza ’verde‘“. Tra gli ulteriori sviluppi della tecnologia, per chiudere il cerchio, una prospettiva è quella di associare lo studio del profilo nutrizionale. Un concetto che si lega al principio one health, che fa emergere le interconnessioni tra salute umana, animale e ambientale. Uno strumento diretto, aggiungiamo, per rendere ancora più trasparente il lavoro dei ristoratori e dei consumatori attenti (sul serio) alle ripercussioni delle proprie scelte.

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