«Lavoro sulle priorità». Poi “dribbla” le opposizioni

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I cento passi. Sono quelli che dividono il portone di Montecitorio dall’ingresso di Palazzo Chigi, i passi che Giorgia Meloni sceglie di non percorrere. La presidente del Consiglio arriva di buon’ora nella sede del governo – 9.30 circa – in agenda una serie di appuntamenti e la scrivania che straborda di carte. «Quando tutti gli occhi sono concentrati su qualcosa, quello è il momento giusto per occuparsi del resto con tranquillità. La priorità di oggi sono Olimpiadi e piano carceri», ricorda ai suoi, come a dire che è arrivato il momento di voltare pagina, di lasciarsi alle spalle il caso Almasri. Tre ore dopo l’Aula della Camera torna a riunirsi per l’informativa dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sul comandante libico condannato dall’Aia, arrestato a Torino, rilasciato e rispedito in Libia due giorni dopo su un volo di Stato. L’emiciclo è pieno, in “piccionaia” anche due scolaresche. Tra gli scranni del governo balza agli occhi la sedia vuota della presidente del Consiglio, spicca ancor più perché trova spazio tra i due ministri chiamati a prender la parola, a spiegare a un’Aula indisciplinata – e più volte richiamata all’ordine dal presidente della Camera Lorenzo Fontana – perché il torturatore libico, incubo del terribile carcere di Mitiga, sia rientrato in patria. Le opposizioni da giorni chiedono a gran voce che a spiegarlo sia lei, la premier in persona. Meloni, sorda agli attacchi, lascia che a far chiarezza provvedano il Guardasigilli e il responsabile del Viminale, finiti anche loro sotto indagine per la vicenda assieme a lei e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Al fischio di inizio della seduta, a Montecitorio mancano all’appello anche i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il titolare dello Sport, Andrea Abodi. Nessuno smarcamento: tutti impegnati a Palazzo Chigi in una riunione-fiume sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, punto sullo stato di avanzamento dei lavori a un anno dal taglio del nastro. Meloni, raccontano, è troppo impegnata tra gli appuntamenti che si accavallano per accendere la tv e seguire l’Aula. Viene informata di quel che accade – prima alla Camera, poi al Senato – dai take di agenzia allungati dai collaboratori sulla sua scrivania. E dai messaggi whatsapp dei suoi fedelissimi che riportano gli affondi delle opposizioni – dal «Presidente del Coniglio» all’«Omino di Burro» – conditi dalle parole indignate di chi è dalla sua parte.

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«A leggere i messaggi che arrivano – commenta la premier durante una delle tante riunioni – stanno attaccando duro. Normale dinamica, fanno il loro lavoro…». Schlein e Conte pungono, Renzi affonda. Ma la premier sembra convinta di essere nel giusto, senza tentennamenti. «Le opposizioni hanno pochi appigli, è giusto si aggrappino a quelli. La gente però sta da un’altra parte», la convinzione. «E mentre gli altri sbraitano…», ironizza Meloni soffermandosi sulla notizia del “colpo” messo a segno da Fincantieri: la commessa di quattro maxi navi da crociera per conto della Norwegian Cruise Line Holdings, un valore stimato di 9 miliardi di euro. Intanto sfuma la visita alla mostra per gli 80 anni dell’Ansa al museo Maxxi: Meloni avrebbe dovuto andare in forma privata, poi ieri la fuga di notizia, la giornata intesa, la decisione di rinviare.

LA RIUNIONE SULLE CARCERI

Dopo l’informativa sul caso Almasri al Senato, Nordio nel tardo pomeriggio raggiunge la premier a Palazzo Chigi. Viene convocato un vertice sul piano carceri per potenziare un sistema in affanno: obiettivo realizzare settemila posti in più. Alla riunione prende parte anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, considerato un meloniano di ferro. Bocche cucite alla fine dell’incontro, ma è facile immaginare che a margine dei lavori ci sia stato il tempo di uno scambio di battute su Nordio in Aula, tanto più che è stato proprio il Guardasigilli ad infiammare le opposizioni con le sue critiche puntute all’Aia. Non le ha convinte: il centrosinistra continua a chiedere, compatto, che sia Meloni a riferire, tanto più – l’accusa – che il resoconto a due voci fa acqua da tutte le parti. Ma per il governo la partita dei chiarimenti si chiude qui. «Abbiamo fatto l’informativa, cosa altro dobbiamo aggiungere?», taglia corto il ministro Luca Ciriani. Ed è la linea di Meloni, confermano da Palazzo Chigi: «Nient’altro da dichiarare».

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