L’Italia e la crisi energetica del gas: sfide e opportunità

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Negli ultimi anni, Il sistema economico ed energetico italiano è stato attraversato da importanti shock esogeni di portata globale: in particolare, l’invasione russa dell’Ucraina, la crisi dei prezzi e la spirale inflazionistica hanno determinato una crisi energetica senza precedenti che ha messo a dura prova il potere d’acquisto dei consumatori e la tenuta delle imprese. Questi sconvolgimenti, acuiti da una ripresa post-pandemica scaglionata e sfaccettata, la volatilità dei prezzi del gas e dell’energia elettrica e la crisi climatica, hanno avuto un impatto profondo sulla vita politica, economica e sociale del nostro paese oltre che dell’intero continente europeo. Emblematici sono due dati storici di questo periodo: i 316 €/MWh raggiunti il 26 agosto 2022 dal prezzo all’ingrosso del gas sulla borsa olandese Ttf (considerato il mercato di riferimento per l’Europa continentale) e il 44,3% di inflazione energetica nell’Eurozona raggiunto a marzo 2022, in reazione all’aumento dei prezzi energetici successivo allo scoppio del conflitto russo-ucraino[1]. Il centrale triennio 2021-2023[2], che sconta anche la ripresa post-pandemica, ci fornisce preziose indicazioni su come i nostri sistemi energetici si stanno adattando alle crescenti crisi geopolitiche, economiche, ambientali. Come si sta trasformando il mercato energetico italiano in vista dei nuovi obiettivi di sicurezza energetica? Come impatterà questo sulla transizione energetica in corso?

Tab. 4.1 – Principali dati energetici Italia triennio 2021-23

Fonte: elaborazioni RIE su dati Energy Institute (EI) Statistical Review 2024.

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I cambiamenti lato domanda…

La crisi energetica ed economica ha colpito in primis i consumi che hanno registrato un calo sia in termini di domanda primaria che elettrica nel periodo considerato. In particolare, i consumi energetici si sono ridotti progressivamente negli ultimi tre anni a un ritmo medio annuo del 3,4%, rispetto a una media del decennio 2013-2023 di -1,2%. La domanda primaria ha raggiunto i 5,95 exajoule, il livello più basso dal 1985 a oggi a eccezione dell’anno della pandemia in cui i consumi sono stati in linea con questo dato. Anche la generazione elettrica ha mostrato un generoso calo di oltre il 4% raggiungendo i 265 TWh, il livello più basso mai visto dal 1999 e nettamente più basso anche dei consumi registrati durante la pandemia. Un dato ancor più netto se confrontato con la media annua del decennio 2013-23 in cui si registra una riduzione di appena lo 0,9% nella generazione elettrica.

Tra le motivazioni alla base del contenimento dei consumi di energia, vi sono una serie di fattori di tipo politico, economico e climatico che hanno caratterizzato questi anni. Lo scoppio della guerra in Ucraina è stato il vero game changer che ha determinato un impatto rilevante sul sistema energetico nazionale, costringendo il nostro paese ad attivare, in continuità con gli Stati membri europei, misure di contenimento dei consumi per smorzare le tensioni sul mercato dovute al progressivo azzeramento delle importazioni di gas russo. L’impossibilità di affidarsi al principale fornitore energetico e la mancanza di coordinamento a livello europeo, ben testimoniata dalla corsa in piena estate 2022 al riempimento degli stoccaggi da parte degli Stati membri, hanno creato un fortissimo squilibrio tra domanda e offerta e, di conseguenza, un’impennata dei prezzi di gas ed elettricità – già in rialzo da fine 2021 – che nel punto di picco massimo hanno superato i 300 €/MWh.

Fig. 4.1 – Andamento dei prezzi del gas al PVS (Gen. ’20-Gen. ’25)

Fonte: Elaborazioni RIE su dati Platts

Un livello, questo, mai registrato prima e che ha fatto esplodere i costi dell’energia con ripercussioni sui consumi energetici, specie nell’industria, e in generale sull’andamento sull’economia. Le quotazioni si sono poi calmierate a partire dall’autunno 2022 grazie anche a fattori climatici, con temperature invernali particolarmente miti che hanno ridotto la domanda per il riscaldamento, a cui si sono aggiunti stoccaggi pieni e lo spettro della deindustrializzazione. Nel 2023 la riduzione del prezzo del gas è proseguita in maniera significativa, raggiungendo una quotazione media annuale al Psv di 43€/MWh inferiore anche ai valori medi del 2021 (47 €/MWh). Peraltro, ciò ha comportato anche il recupero della competitività della generazione a gas rispetto al carbone invertendo un trend che aveva dominato l’intero 2022 in cui si era registrato un aumento delle emissioni seppur in un contesto di calo della domanda di energia[3].

I dati provvisori del 2024 evidenziano un andamento in leggero aumento sia della domanda energetica che di quella elettrica, tornando cautamente a salire per la prima volta dal 2021. Alla flessione dei consumi industriali a causa della contrazione produttiva, specie nel settore automotive, fa da contraltare l’aumento del settore civile, favorito dalle temperature estive elevate e dall’uso intensivo di climatizzatori, dei servizi e dei trasporti[4]. Ed è proprio l’industria il settore in maggiore difficoltà: ricordiamo nel 2022 il crollo della domanda industriale delle imprese ad alta intensità energetica, costrette a chiudere gli impianti a causa dell’aumento record dei prezzi energetici[5]. Nel 2024 il comparto più in sofferenza è stato – come detto – il settore automotive, un comparto chiave della produzione manifatturiera italiana e che ha subito una riduzione della produzione nell’ultimo anno di circa il 35% rispetto al 2023[6].

Le previsioni per il 2025 scontano l’incertezza del contesto internazionale, con i possibili dazi dichiarati dell’Amministrazione Trump, le incognite circa la domanda asiatica e le difficoltà in cui versa l’industria manifatturiera europea[7]. L’anno è peraltro iniziato con la notizia della cessazione dell’accordo di transito del gas russo attraverso l’Ucraina che ha contribuito a un rialzo dei prezzi. A partire dal primo gennaio, infatti, i flussi in entrata dal confine slovacco si sono azzerati, causando una riduzione dei volumi disponibili sul mercato europeo.

…e quelli lato offerta

La notizia della chiusura del transito di gas dalla Russia, stavolta, non ha trovato impreparato il nostro paese che, definendo le tappe serrate del processo di sostituzione del gas russo, ha modificato nell’arco di pochissimo tempo l’identikit dei fornitori di gas nazionale.

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Fig. 4.2 – importazioni nazionali di gas naturale per punto d’ingresso (%)

Fonte: Elaborazioni RIE su dati Snam

Nel 2024 l’Italia ha importato il 9% del gas dalla Russia rispetto al 39% del 2021, passando dai 28 miliardi di metri cubi di gas ad appena 5,5. Nel 2023 abbiamo toccato il minimo storico con solo 2,5 mld mc di gas russo importato tramite pipeline. Algeria (Mazara), Azerbaigian (Melendugno) e Nord Europa (Passo Gries) hanno garantito oltre il 60% degli approvvigionamenti. Degno di nota il Gnl che ha conosciuto un balzo di crescita considerevole di 11 punti percentuali in soli tre anni, grazie ai rigassificatori di Panigaglia, Cavarzere, Livorno e Piombino che è entrato in funzione a luglio 2023. Con l’avvio anche del rigassificatore di Ravenna attesa per aprile 2025 e con il consolidamento delle rotte da Sud dovremmo proseguire in questa direzione di diversificazione. Certamente, l’azzeramento dei flussi da Tarvisio da quest’anno potrebbe determinare un aumento dei costi in quanto il gas russo è meno costoso rispetto ad altre vie, specialmente il Gnl. Pone, inoltre, un elemento di incertezza insieme ai dubbi sui dazi statunitensi che potrebbero colpire il Gnl americano, rappresentando un fattore di rialzo dei prezzi. 

Oltre al contenimento dei consumi e alla diversificazione dei fornitori di gas, una strategia centrale per la sicurezza energetica nazionale è stata la promozione di fonti alternative. In termini di diversificazione delle fonti, il mix energetico italiano si è modificato in base alla contingenza. Nella prima fase della crisi energetica, vi è stato un iniziale ricorso al carbone e all’olio combustibile nella generazione elettrica che si è reso necessario per rispondere all’emergenza in tempi brevi.

Fig.4.3 – Generazione elettrica per tipologia di fonte, 2021-23

Fonte: Elaborazioni RIE su dati Terna

Lo si evince bene dalla figura 3.3 in cui emerge un aumento del contributo di fonti non rinnovabili alla generazione elettrica tra il 2021 e il 2022, con un loro progressivo ridimensionamento a favore delle rinnovabili l’anno successivo. Il mix produttivo nel 2023 ha subito notevoli cambiamenti, con un rilevante incremento della generazione rinnovabile cresciuta di 16 TWh rispetto al 2022 per la maggior disponibilità di idroelettrico che ha visto un significativo recupero (+42%) dopo i prolungati periodi di siccità del 2022. A questo si è aggiunto l’incremento seppur più contenuto (+6%) delle altre rinnovabili[8]. Anche i dati provvisori del 2024 confermano questo trend, con la quota rinnovabile che sale al 42% (periodo gennaio-novembre), per quanto sia quasi tutto dovuto a un forte aumento della produzione idroelettrica che compensa il calo avuto nell’eolico[9].

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In termini di nuova capacità di esercizio, il 2023 ha visto l’installazione di 5,7 GW di cui 5,2 solare e 0,5 eolico, in crescita di circa 2,7 GW rispetto al 2022 (+87%). Tuttavia, siamo ancora lontani dall’essere sulla buona strada per il target nazionale +80 GW rinnovabili al 2030. Secondo dichiarazioni dell’industria rinnovabile, dovremmo installare 10-12 GW all’anno per essere in linea con il target 2030 e realizzare in prevalenza grandi impianti per ridurre il costo dell’elettricità. I dati provvisori del 2024 rivelano un aumento della nuova capacità in esercizio rispetto al 2023 nell’intorno dei 6,7 GW (periodo gennaio-novembre), ma pur sempre al di sotto dell’obiettivo di decarbonizzazione[10]

La sicurezza energetica e le risposte della politica

In questo contesto, l’Italia è riuscita, più di altri paesi europei, a essere tempestiva nel processo di sostituzione, grazie a un intenso lavoro diplomatico e al vantaggio strategico che deriva dal suo posizionamento nel Mediterraneo. In Italia, infatti, abbiamo iniziato il 2025 con volumi attesi dalla Russia quasi del tutto azzerati, mentre per l’Europa la dipendenza da Mosca, nonostante le drastiche misure implementate, resta una sfida ancora aperta. Non è un caso che la Russia sia diventata il secondo fornitore di Gnl del Vecchio Continente nel 2024. L’Italia resta comunque uno dei paesi europei con il più alto tasso di dipendenza energetica che, seppur in calo, si attesta sopra al 70%[11]. L’elevata dipendenza può esporre il sistema energetico italiano a rischi in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, come abbiamo visto con il conflitto russo-ucraino.

In questi anni, si sono sovrapposti molteplici interventi dei decisori pubblici europei e nazionali, con importanti misure economiche, energetiche e ambientali finalizzate a promuovere la sicurezza energetica e contrastare gli effetti della crisi in corso. Nel 2022 il piano REPowerEU è stato lanciato al fine di azzerare la dipendenza energetica europea dalla Russia nell’arco di pochi anni (entro il 2027), puntando su risparmio energetico, aumento della quota rinnovabile e diversificazione delle forniture. Per quanto la gestione dell’emergenza iniziale abbia richiesto di dare la priorità alla sicurezza energetica anche a discapito della decarbonizzazione, con il ricorso a fonti tradizionali come il carbone e l’olio combustibile, successivamente il dibattito è tornato a focalizzarsi su una accelerazione della transizione energetica. A ottobre 2023, è avvenuto il completamento della legislazione di base del pacchetto Fit for 55 che fissa l’obiettivo vincolante della neutralità climatica entro il 2050 e un obiettivo intermedio di riduzione dei gas serra del 55% entro il 2030.

L’Italia, a giugno 2024, ha consegnato il testo finale del Pniec che definisce gli obiettivi energetici e ambientali del paese fino al 2030 in materia di emissioni e assorbimenti di gas serra, rinnovabili ed efficienza energetica. In particolare, al 2030 le rinnovabili dovrebbero coprire il 39,4% dei consumi finali lordi di energia. Si tratta di 9,4 punti percentuali in più sul Pniec 2019 e un salto in avanti molto lungo considerato il dato consuntivo del 2023 del 20%. Tra le novità più importanti e che hanno maggiormente fatto discutere gli esperti, vi è la definizione di un obiettivo più ambizioso rispetto a quanto richiesto in sede UE in materia di quota Fer nei trasporti e precisamente del 34% rispetto al 29%. Per raggiungere questo target, il governo ha deciso di puntare principalmente su biocarburanti (4.687 ktep al 2030), seguiti poi da elettricità da Fer (1.332 ktep) e biometano (877 ktep), conferendo quindi un ruolo secondario all’elettrificazione nei trasporti. Altro aspetto rilevante, che ha destato le critiche degli ambientalisti, è l’assenza di strategie di abbandono delle fossili. L’abbandono del carbone al 2025 è stato posticipato per gli impianti sardi e subordinato alla realizzazione della nuova interconnessione elettrica Sardegna-Sicilia, il cui completamento è previsto per gennaio 2029. Si conferma, inoltre, il ruolo rilevante del gas nella stabilizzazione del sistema, il cui contributo al consumo di energia primaria tra il 2022 e il 2030 scende solo dal 40,2% al 34,5%. Lo si deduce anche dalle misure previste nel piano che puntano, tra le altre cose, a: il raddoppio del Tap; progetti di deposti costieri di piccolo volume (Sslng); interventi di potenziamento delle interconnessioni esistenti, in coerenza con il piano di sviluppo di Snam, volti ad aumentare la centralità del sistema italiano nel ruolo di collegamento tra le risorse del Mediterraneo e del cosiddetto Corridoio Sud e i mercati europei; l’incremento della capacità di produzione nazionale sia di gas naturale che di biometano.

La vera novità del piano, però, è l’apertura verso l’opzione nucleare con particolare attenzione alla nuova tecnologia degli small nuclear reactors. Il Pniec prevede, per la prima volta, una specifica sezione dedicata ai lavori della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile (Pnns), che ha sviluppato delle ipotesi di scenario in cui si dimostra da un punto di vista tecnico-scientifico la convenienza energetica ed economica di avere una quota di produzione nucleare, in sinergia e a supporto delle rinnovabili e delle altre forme di produzione di energia a basse emissioni. Secondo le ipotesi di scenario “conservativo” sviluppate, il nucleare da fissione, e nel lungo termine da fusione, potrebbero fornire al 2050 circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta – con una possibile proiezione verso il 22%[12]. Oltre a soddisfare una maggiore richiesta, il nucleare riduce la necessità di ricorrere sia alla generazione a gas naturale con Ccs, sia alla produzione da bioenergie con Ccs.

In Italia, la produzione di energia da fonte nucleare rappresenta da sempre un tema complesso e in parte ideologizzato. Il nuovo Pniec cattura una nuova ondata di popolarità per questa fonte, per quanto ci sia ancora una fetta importante di popolazione che guarda al nucleare con timore. Sebbene, infatti, il nucleare rappresenti una carta vincente per ridurre la dipendenza energetica, ci sono diverse motivazioni che inducono molti a richiedere cautela sulla costruzione di nuove centrali nel nostro paese, come la difficoltà di smaltimento delle scorie, gli elevati costi di manutenzione e costruzione degli impianti, le questioni di sicurezza delle centrali e l’impatto sul territorio e sul paesaggio.

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Conclusioni

Negli ultimi anni, il contesto è cambiato notevolmente per tutta una serie di eventi, cosiddetti shock esogeni, che hanno contribuito a modificare le dinamiche dei consumi e che hanno spostato l’attenzione sugli obiettivi di sicurezza energetica, anche a discapito di quelli di decarbonizzazione.

Viene quindi da chiedersi se il combinarsi di shock esogeni e degli interventi dei decisori pubblici abbia avviato o meno un cambiamento strutturale del sistema anche nella direzione di una accelerazione della transizione energetica.

Rispetto al 2019, il sistema energetico italiano risulta oggi significativamente meno energivoro (-9% dei consumi di energia primaria) e più decarbonizzato (-8% le emissioni di CO2). E questo nonostante una complessiva crescita del Pil, oggi superiore del 4,6% sul 2019. Tuttavia, se si guarda alla scomposizione della variazione delle emissioni, vediamo che l’intensità carbonica dell’energia fossile del periodo 2019-23 è aumentata invece che diminuire, contribuendo a rendere il raggiungimento degli obiettivi 2030 decisamente impegnativo. L’allineamento ai target richiederebbe un calo medio annuo delle emissioni quasi triplo rispetto a quello dell’ultimo quadriennio, con una decisa accelerazione nel calo dell’intensità carbonica delle energie fossili, sia in termini di riduzione della quota fossili che di riduzione del consumo di carbone, la fonte più carbon intensive tra le fossili[13].

Certamente, il conflitto russo-ucraino ha scardinato alcune certezze del sistema energetico nazionale che si trova ora alla ricerca di un nuovo equilibrio che tenga insieme gli obiettivi di sostenibilità ambientale, con quelli di sicurezza degli approvvigionamenti e di fattibilità economica. Serve, da una parte, una spinta maggiore verso la decarbonizzazione del mix elettrico, con una penetrazione maggiore delle rinnovabili come traino della transizione energetica; dall’altra, come stiamo vedendo per l’industria dell’automotive, occorre anche tutelare le industrie, specie quelle ad alta intensità energetica, e le famiglie il cui potere di acquisto si è ridotto drasticamente a seguito dell’impennata dei prezzi energetici. Non tradurre, quindi, le politiche di transizione in uno svantaggio competitivo, con il rischio di causare una “deindustrializzazione autoinflitta” per rendere la transizione energetica realmente sostenibile e solida.


[1] C. Proietti Silvestri, “Lo spettro della deindustrializzazione”, World Energy,n. 55, dicembre 2022.

[2] Dove è possibile, si analizzano anche i dati provvisori del 2024.

[3] Nel 2022, nonostante un significativo calo dei consumi di energia, le emissioni sono leggermente aumentate rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento della produzione elettrica a carbone (+60% in Italia, +11% nell’Eurozona) e olio combustibile, per risparmiare il consumo di gas. F. Gracceva e B. Baldissara, “Il lascito della doppia crisi sul sistema energetico italiano ed europeo”, Rivista Energia, n. 2/2024; Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), La situazione energetica nazionale nel 2023, 4 settembre 2024.

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Saldo e stralcio

 

[4] Unine Energie per la Mobilità (Unem), Preconsuntivo petrolifero 2024, Roma, 10 dicembre 2024; A. Fontana, L’economia italiana alle soglie del 2025, Centro studi Confindustria, Roma, 10 dicembre 2024; Staffetta Quotidiana, “Elettricità, nel 2024 i consumi rivedono il segno più”, 8 gennaio 2025.

[5] European Heat Pump Association (EHPA), “Heat Pumps in Europe – Key Facts & Figures”, maggio 2023; J. Basterra, “Europe’s best-selling electric cars in 2022”, Electromaps, 10 maggio 2023.

[6] Fontana (2024).

[7] L’indice Pmi manifatturiero dell’Eurozona di dicembre 2024 è sceso da 45,2 a 45,1.

[8] Mase, La situazione energetica nazionale nel 2023… cit.

[9] Terna, Rapporto Mensile sul Sistema Elettrico, novembre 2024.

[10] Ibidem.

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[11] Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), si è passati dal 79,2% del 2022 al 74,6% del 2023.

[12] Questo scenario riguarda il raggiungimento del net zero al 2050 ma non inficia le ipotesi 2030 del Pniec. Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, giugno 2024.

[13] F. Gracceva e B. Baldissara, “Il lascito della doppia crisi sul sistema energetico italiano ed europeo”, Rivista Energia, n. 2/2024.



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