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La riforma dei medici di famiglia, col passaggio alle dipendenze delle aziende sanitarie, “ritengo sia condivisibile e coerente con il servizio sanitario nazionale”. L’apertura arriva da Tiziano Carradori, direttore generale dell’Ausl Romagna, giovedì pomeriggio a Bologna a una iniziativa organizzata dall’associazione Giovanni Bissoni al Policlinico Sant’Orsola. “Io la aspetto da 30 anni e voglio vedere che diventi effettivamente tale – dice Carradori – personalmente ritengo che sia condivisibile, qualora vada in porto, il superamento del rapporto di para-subordinazione all’interno del servizio sanitario riguardo i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e anche gli specialisti ambulatoriali. Ritengo che sia coerente con la natura di servizio sanitario nazionale”. Inoltre, sottolinea Carradori, “lo è ancora di più nella misura in cui con il Pnrr abbiamo deciso di destinare sei miliardi di euro alla costruzione delle Case della Comunità”. Questo passaggio, da medici convenzionati a dipendenti, tra l’altro “favorirebbe l’esercizio della pratica polispecialistica e multiprofessionale. Oggi il grande carico di problemi sono le malattie cronico-degenerative e molti degli interventi necessari sono quelle per l’educazione della persona per cercare di minimizzare le conseguenze negative e sottoporsi ai controlli ricorrenti. Cioè sono problemi non clinicamente instabili tali da richiedere un medico”. A ogni buon conto, avverte Carradori, “anche le cose sensate possono essere applicate male. Un conto è lanciare l’idea, e quello della dipendenza è l’aspetto macro. Ma sono il come, chi, quando e a quali condizioni che decretano la fattibilità, la valutazione dell’onere finanziario e anche come gestire le fasce intermedie”.
“La riforma dei medici è una grande opportunità, il futuro è dei giovani”
La riforma dei medici di medicina generale, valuta ancora Carradori, “non è come la legge dello sciacquone: tutto in una volta”. Occorrerà cioè pensare a come “non rendere omogeneo questo approccio, perché a chi mancano tre anni dalla pensione è evidente che non gli cambi il mondo. Ma al neolaureato puoi dire se preferisce il convenzionamento oppure operare all’interno di una struttura. Finora non l’abbiamo mai voluto fare”. Secondo il direttore generale dell’Ausl Romagna, tra l’altro, “questa è anche una grande opportunità. I medici italiani sono tra i più vecchi al mondo, quindi siamo in una fase in cui la riflessione va spinta a fondo e rapidamente perché abbiamo una finestra di opportunità data dalla demografia sanitaria”. Il futuro della sanità “è dei giovani- afferma Carradori- e dobbiamo metterli in una condizione di lavoro che contrasti anche la disaffezione delle professionisti nei confronti della sanità. Perché non è che sono tutti esterofili quelli che se ne vanno. Se tutte le opportunità di crescita sono bloccate dai più vecchi, non si fanno grandi cose”. Carradori confessa poi il suo “stupore” nel vedere che questa riforma “possa avvenire con un Governo che non mi sembra tanto propenso alla sanità pubblica. Però non importa, basta che si faccia. Trovo anche singolare che tra le resistenze a questa riforma ci sia l’Enpam”, cioè la cassa previdenziale dei medici. E aggiunge: “Quando sento dire a un medico di medicina generale che così perde la sua libertà, francamente non ci siamo. Non mi si venga a dire che le migliaia di professionisti che operano in scienza e coscienza nelle nostre strutture non sono liberi, perché allora c’è un travisamento della realtà dei fatti che non può essere accettata”, sferza Carradori.
“In sanità nessuna spesa fuori controllo, mancano le risorse necessarie”
In sanità “non è vero che spendiamo troppo. E non si può dire che la spesa è fuori controllo”, prosegue Carradori. “Noi oggi gestiamo un sistema a cui non vengono fornite le risorse per fare ciò che riteniamo necessario fare – denuncia Carradori- non è vero che spendiamo troppo e non si può dire che il ritmo di crescita della spesa è fuori controllo”. Dati alla mano, il manager sottolinea come dal 2021 a oggi in Italia si sia ampliata la forbice tra la spesa nominale pro capite in sanità (2.224 euro nel 2023) e quella reale (1.759 euro), cioè i fondi destinati alla sanità al netto del costo della vita e del rapporto col Pil. “Siamo anche tra i Paesi con la minor spesa per l’amministrazione del sistema”, rimarca Carradori. Nel frattempo, negli anni “è aumentata la spesa verso la sanità privata”. Secondo il dg dell’Ausl Romagna, dunque, “la sostenibilità del sistema non può e non deve essere solo quella economico-finanziaria”. Anzi, ciò che preoccupa di più è “il problema di equità sociale”, afferma Carradori, perché ci sono differenze “catastrofiche” tra le regioni italiane in termini di speranza di vita, rinuncia alle cure e capacità di ricovero. A questo si aggiunge la crisi del personale, che “minaccia l’accessibilità, la qualità e la resilienza dei servizi”. Rispetto alla media della Ue a 27 Paesi, ad esempio, in Italia “manca il 22% di personale infermieristico”.
“I servizi sanitari oggi sono prodotti come nel secolo scorso”
Per Carradori, dunque, “siamo in uno dei momenti peggiori del sistema sanitario nazionale, non tanto per la ristrettezza economica ma perché da qualche lustro non si vede imboccare una direzione verso la difesa del sistema”. Secondo il manager, “non ne usciamo se non facciamo della salute l’elemento centrale di ogni politica. I problemi ci saranno sempre, bisogna dotarsi di prospettiva. E come hanno fatto in Inghilterra, dovremmo fare una riflessione non solo sul costo dei servizi, ma su quanto costa la non-salute. Non c’è solo un tema di consumo delle prestazioni. Negli anni abbiamo fatto tanti cambiamenti, che però non hanno trasformato nulla. Tant’è che oggi i servizi sono prodotti come nel secolo scorso”, ma i problemi sono cambiati. Il servizio sanitario nazionale, insomma, “ha certamente un serio problema finanziario”, ma la questione centrale “è il carico di non salute e la sua diseguale distribuzione”, che deve essere affrontata “cambiando l’approccio alla salute e trasformando il sistema dei servizi”. Peraltro, sostiene Carradori, “la sanità integrativa sta avendo sviluppi non indifferenti, ma non sembra che le cose siano cambiate in meglio”. Inoltre, il contrasto agli sprechi “è doveroso e necessario, ma è illusorio pensare che da solo sia sufficiente”. Secondo il direttore generale dell’Ausl Romagna, dunque, “è ora di riallineare le risorse ai bisogni che vogliamo e dobbiamo soddisfare”. E ammonisce: “Limitare la gamma dei servizi significa negare la copertura universale e avere conseguenze negative importanti”. (Dire)
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