Finora nessun indipendentista fiammingo era mai riuscito a sistemarsi al “Sedici”, l’ufficio del primo ministro belga, a Bruxelles, al 16 di rue de la Loi. Il 3 febbraio le cose sono cambiate: dopo quasi otto mesi di trattative, il sindaco di Anversa Bart De Wever, del partito di destra Nuova alleanza fiamminga (N-va), è diventato primo ministro del Belgio, il paese che vorrebbe dividere. Il politologo Dave Sinardet della Vrije universiteit di Bruxelles ha parlato di un “momento storico” per il paese: “Quando l’N-va è stato fondato, nel 2001, nessuno si aspettava che dai suoi ranghi sarebbe mai uscito un primo ministro”.
Ma De Wever, fa notare Sinardet, aveva capito da tempo che in fondo i fiamminghi non sono così interessati alle riforme autonomiste e all’indipendenza. “E così oggi si presenta come il salvatore del Belgio, l’uomo che riuscirà finalmente a ridurre il debito pubblico”. Per farcela dove tutti gli altri hanno fallito, De Wever ha in mente una drastica riforma del sistema fiscale e pensionistico.
Il posto da primo ministro è una specie di ricompensa per De Wever: sotto la sua guida l’N-va è il primo partito del Belgio ormai dal 2010. “Dopo le elezioni dello scorso giugno sembrava aver giocato bene le sue carte e che sarebbe stato nominato alla guida del governo in breve tempo”, spiega Sinardet. Invece le trattative sono durate a lungo, De Wever si è dimesso due volte dal ruolo di formateur (cioè incaricato di formare il governo) e la consultazione finale è andata avanti per cinquanta ore.
La coalizione di governo è piuttosto eterogenea e comprende i nazionalisti fiamminghi dell’N-va, i cristianodemocratici (Les Engagés, francofoni, e Cd&v, fiamminghi), i socialdemocratici di Vooruit (fiamminghi) e i liberali di Mouvement réformateur (Mr, francofoni). È stata chiamata “coalizione Arizona” perché i colori dei partiti sono gli stessi della bandiera dello stato americano (blu, rosso, arancione e giallo).
Con il nuovo governo, il Belgio adotterà una politica di asilo più severa, con la reintroduzione dei controlli alle frontiere. I requisiti d’integrazione per gli stranieri diventeranno più rigidi e la polizia sarà autorizzata a fare irruzione nelle case degli immigrati senza permesso di soggiorno. Inoltre, in materia di politiche riproduttive, sarà prolungato il periodo entro il quale è consentito interrompere la gravidanza e – per quanto riguarda le riforme istituzionali – De Wever punta anche all’abolizione del senato, procedimento per cui serve una maggioranza di due terzi al parlamento federale.
Deficit e debito fuori misura
La questione più importante, tuttavia, è quella fiscale. Fin dal primo giorno delle trattative è stato chiaro che il Belgio dovrà tagliare il bilancio di 18 miliardi di euro per portare il deficit sotto il 3 per cento del pil entro il 2030, come richiesto dalla Commissione europea.
I governi precedenti non sono mai riusciti a imporre tagli così radicali alla spesa pubblica: per timore di fare scelte impopolari, perché sono stati al governo troppo poco o perché la Vallonia, più di sinistra delle Fiandre, non era d’accordo. Sicuramente, il fatto che il partito liberale Mr sia diventato la forza più votata della Vallonia nel 2024 ha favorito De Wever.
Le riforme e i tagli necessari hanno ostacolato a lungo l’avanzamento delle trattative per la formazione del governo, finché De Wever ha deciso di inserirli in una cosiddetta “super nota”, che elenca una serie di proposte e novità in tema di lavoro, fisco e pensioni.
“Il nuovo governo ammette che sono tempi difficili e sa che dovrà adottare misure complesse e impopolari”, spiega Sinardet. “Questo è sostanzialmente vero, ma le misure che vogliono applicare sono comunque di destra. Per fare un esempio, avrebbero potuto benissimo scegliere di tassare ulteriormente i redditi più alti, ma non l’hanno fatto”.
In futuro, i belgi avranno diritto solo a due anni di sussidio di disoccupazione. Il sistema pensionistico sarà riformato in modo da rendere maggiormente conveniente continuare a lavorare più a lungo, cosa che ha già suscitato grandi proteste. La riforma fiscale prenderà di mira soprattutto i salari più bassi. Il governo, inoltre, aumenterà la tassazione sulle rendite finanziarie al 10 per cento, su richiesta dei socialdemocratici fiamminghi di Vooruit.
La coalizione Arizona è “esageratamente ottimista”, ritiene Sinardet. “E dalle misure in cantiere si aspetta troppo”. La coalizione, per esempio, ritiene che accorciando la durata del sussidio di disoccupazione e riducendo le tasse sul lavoro, l’80 per cento della popolazione attiva sarà occupato, rispetto a circa il 70 per cento di oggi. “La possibilità che ciò avvenga è piuttosto ridotta, soprattutto che possa succedere in un paio d’anni”, afferma Sinardet.
C’è poi il fatto che i rapporti tra i cinque partiti dell’alleanza non sono ottimali. A destare le maggiori preoccupazioni è il leader dei liberali francofoni di Mr, Georges-Louis Bouchez. Già nel governo precedente Bouchez si era contraddistinto per quella che in Belgio chiamano “particip-opposition”: la continua ricerca di guadagnare visibilità politica, ai danni degli alleati e della coesione dell’alleanza. I primi campanelli d’allarme sono suonati già il pomeriggio del 31 gennaio, quando Bouchez ha minacciato di non firmare l’accordo di governo. Alla fine l’Mr è rimasto tra le forze che sostengono De Wever, con quattro ministri, ma Bouchez ha deciso di non entrare nel governo, rifiutando il ruolo di ministro dell’interno e vicepremier.
Sinardet prevede che l’ottimismo sui possibili effetti delle riforme in cantiere metterà in difficoltà il governo e che prima o poi saranno necessarie nuove misure più rigide. “E data la profonda sfiducia reciproca tra i partiti della coalizione, la situazione potrà diventare molto complicata”, conclude il politologo. ◆ oa
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