Assegnati e rassegnati: la storia infinita delle case alle forze dell’ordine

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Una storia davvero senza fine, quella degli alloggi destinati alle forze dell’ordine che combattono la criminalità organizzata: luci e ombre che si accendono e si spengono a intermittenza e rilanciate a tutta forza da giornali e tv locali coinvolgendo onesti servitori dello Stato, ma anche faccendieri, imprenditori, burocrati e pezzi grossi. E così sulle case assegnate alle Forze dell’Ordine in Via Pappacena a Poggiofranco, ma anche a via Partipilo (S. Fara) “Bari/Domani” (Sp Modugno/Carbonara, “Torricella” (Sp S.Spirito/Bitonto) e per non sbagliare, perfino a Molfetta ogni tanto si scatenato tempeste senza riuscire mai a mettere un punto fermo…men che mai a scrivere la parola ‘fine’. Punto di partenza – oramai nebuloso nel tempo – il primo bando per locazione di alloggi (15 dicembre 2011) per realizzare alloggi solo ed esclusivamente a beneficio di personale dipendente “strettamente necessario alla lotta alla criminalità”, come detto. Poi, nel corso degli anni, il personale che aveva diritto a partecipare al concorso s’è ampliato al punto che anche personale civile di ministeri, tribunali e, addirittura incaricati della manutenzione di vari enti e quindi idraulici, elettricisti e falegnami potevano partecipare e mettere piede in quegli appartamenti. Eggià, con accertamenti e indagini successive s’è appurato che ci abitava gente che non aveva mai avuto niente a che fare con la lotta a boss, picciotti e clan. Un’altra discrepanza? Beh, per l’ammissione e quindi assegnazione d’un alloggio bastava non essere residenti a Bari e non avere proprietà, in città. Ergo, chi aveva proprietà a qualche chilometro dal capoluogo, poteva ottenere una casa e c’erano casi di case (…scusate il bisticcio!) assegnate a proprietari di appartamenti di due vani in città che avevano ottenuto un appartamento negli alloggi in questione di più vani. Un altro requisito per la partecipazione al concorso riguardava l’anzianità di servizio: veniva assegnato un punto ogni 5 anni di servizio, ma sono stati riscontrati assegnatari in pensione dopo 6 mesi dall’assegnazione della casa. E ancora, un’altra anomalia? Il criterio d’assegnazione in base al trasferimento del personale, se era a domanda o d’ufficio: chi è stato trasferito d’ufficio otteneva un punteggio tale da poter essere inserito in graduatoria nei primi posti, eppure nessuno in commissione ha sollevato interrogativi circa il trasferimento. Spieghiamo meglio. Il trasferimento d’ufficio avviene da una città all’altra e non – come è avvenuto – da un ufficio all’altro, sempre nella stessa città e in questo caso parliamo di Bari. Inoltre, con che criterio sono stati assegnati appartamenti di 4 vani a personale senza famiglia e 2 vani a famiglie con due/tre figli? E veniamo al punto più dolente, ovvero come, tra le cause di decadenza e revoca dell’assegnazione, vi sia la cessazione dal servizio, un vero controsenso per chi ha ottenuto un appartamento alla vigilia del pensionamento. E fra i criteri delle cause di decadenza spicca “l’assegnazione ottenuta sulla base di dichiarazioni mendaci o falsità in atti” Bene, tornando ai giorni nostri, bisogna prendere atto che la Regione Puglia ha voluto metter ordine a tutte queste anomalie approvando la Legge Regionale n. 26/2020 che dava la possibilità d’acquisto al personale delle Forze dell’Ordine. Una legge -bisogna precisare – modificata l’anno scorso con voto unanime del Consiglio Regionale, dando la possibilità, anche ai pensionati, di acquistare la casa a suo tempo assegnata. Ma, ben sapendo come vengano interpretate le leggi nel nostro Paese, ad Arca/Puglia – ovvero all’Agenzia regionale che gestisce queste case – infine sia subentrata la Prefettura  che ha fatto subito la voce pesante: “servono case alle Forze dell’Ordine che sono in fase di trasferimento a Bari e che verrebbero più volentieri se avessero una casa assegnata.” Quindi le case non si vendono anzi, bisogna liberarle. <<Qualcuno dovrebbe ricordare che il bando di assegnazione, sempre molto discutibile, non permette di assegnare neanche gli alloggi disponibili perché un poliziotto in graduatoria che finalmente si vede assegnare un appartamento, rinuncia in quanto, avendo famiglia, non potrà mai viverci in 60 mt quadrati con moglie e figli>>, si sfoga uno dei primi beneficiari, oramai in quiescenza che però non s’è ancora rassegnato a una specie di sfratto-deportazione. Ragion per cui, senza entrare nei meandri di leggi, cavilli e avvisi pubblici, se il Prefetto ha un problema per sistemare le famiglie in odore di sfratto, domani, con la sua decisione di liberare quegli immobili, ne potrebbe avere due da risolvere: sistemare le famiglie (…circa trecento) mandate via – magari ‘contra-legem’, coi contenziosi in corso…-  per assegnare, con chissà quali criteri, le stesse case ad altri. In conclusione, la storia di quelle case è nata male con quel bando iniziale e potrebbe finire peggio, con l’intenzione di sfrattare a destra e a manca, anche famiglie monoreddito che ci abitano da anni e non saprebbero dove andare. Senza dimenticare una Legge regionale dalla parte degli assegnatari…e almeno su questo, non si discute.





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