«Impossibile replicare qui la Silicon Valley, ma dobbiamo provarci». La ricetta di Plug And Play per innovare

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Tommaso Maschera è il direttore e co-launcher di Plug And Play Italy, la divisione dell’acceleratore e investitore americano. Lo abbiamo intervistato per la puntata del lunedì alla scoperta dei protagonisti del mondo VC. «Qui manca la consapevolezza di cosa voglia dire costruire una venture-backed company»

«Siamo un Paese di imprenditori, ma spesso orientati a una crescita organica e al controllo famigliare dell’azienda. Ciò che mi ha spinto a studiare e successivamente a lavorare nel campo del policy public è stato il desiderio di generare un impatto concreto. Poi mi sono reso conto che il Venture Capital poteva essere la chiave per averne ancora di più». Tommaso Maschera è il direttore e co-launcher di Plug And Play Italy, divisione del noto acceleratore e investitore americano, ed è il protagonista di una nuova puntata del lunedì, in cui su StartupItalia ospitiamo la storia e i commenti di chi opera nel settore VC. Classe 1995, di Milano, è cresciuto in Franciacorta ma presto ha preso la strada dell’estero dove ha proseguito gli studi universitari e cominciato a interessarsi del settore innovazione. Non da nerd, ma partendo da una passione per la filosofia.

Tommaso Maschera, direttore di Plug And Play Italy

Approccio pratico

«Volevo uscire dai confini – ci ha spiegato -. All’epoca il Regno Unito era ancora nell’Ue, con un sacco di opportunità. Ho studiato PPE (Philosophy, Politics and Economics) alla Durham University». Ha preso dimestichezza come molti altri con un modo diverso di trattare certe materie, adoperando un approccio non sempre ripiegato sulla teoria.

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Dopo la laurea ha avuto una breve esperienza consulenziale a Milano, per poi riprendere subito un volo e frequentare un master tra Sciences Po a Parigi e la Columbia a New York. «Mi sono focalizzato su public policy applicato al mondo tech, con un focus particolare su tutto ciò che riguardava la facilitazione di ecosistemi. Il professore principale del programma era il General Partner di un fondo a Parigi che ci parlava spesso della Silicon Valley». Era il 2017, un anno già di avviamento galoppante per l’ecosistema d’Oltralpe.

Leggi anche: «Non ho mai più incontrato un team del genere». Confessione dell’investitore che dieci anni fa ha puntato su Satispay (senza pentirsene)

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Ma è stato il contatto con il mondo americano ad aver ispirato il grande salto. Per lanciare Plug And Play Tommaso Maschera ha ricordato l’importanza di un incontro. «Nel corso del master ho incontrato Andrea Zorzetto, con cui avremmo lanciato il progetto in Italia. Negli Stati Uniti, nel frattempo, mi ero appassionato di coding, data science, machine learning». Assieme a Zorzetto, che era stato in California per conoscere Plug And Play, Maschera è tornato con un obiettivo: lanciare un chapter in Italia.

Facciamoci aiutare con qualche numero di contesto, in grado di farci capire il ruolo dell’acceleratore nell’ecosistema globale. «Siamo un investitore pre seed e seed, da 200 operazioni l’anno a livello globale. In portafoglio abbiamo più di 30 unicorni. Oltre a questo però ci definiamo anche una piattaforma di open innovation: lavoriamo con società di Fortune 1000 e sempre di più anche con realtà in Italia. Collaboriamo con governi, aiutiamo le aziende a innovare. Noi siamo Plug and Play al 100 %».

Il lavoro di Plug And Play in Italia

Attiva dal 2019, la società ha un track record sufficiente per spiegare cosa sta cercando di fare nel nostro Paese. «Portare la cultura del rischio in Italia, e costruire cose ambiziose. Vogliamo supportare la crescita dell’ecosistema. L’Italia ha una profondissima storia industriale e un talento ingegneristico competitivo. Anche sul digitale abbiamo molto da dire. Quello che manca è, se vogliamo, un certo tipo di consapevolezza di cosa voglia dire costruire una venture-backed company, che non è una PMI. In California chi decide di fondare una startup lo fa con l’ambizione di catturare interi mercati».

Sicilia Catania dallalto

C’è un approccio con cui guardare al VC. «Il Venture Capital come industria è costruito su rischi asimmetrici: il downside è misurato, l’upside è infinito. E l’impatto che può avere in termini di produttività e occupazione di un Paese è molto significativo. Tanta della crescita in Italia è legata ai distretti. Noi crediamo che il talento sia ovunque». Anche in Sicilia, dove a Catania è stato lanciato l’acceleratore verticale sulle infrastrutture CrossConnect, con una dotazione complessiva di oltre 6 milioni di euro stanziati dal Fondo Acceleratori di CDP Venture Capital e da Plug and Play ed ELIS, che si occupano anche della gestione operativa del programma. «Ogni anno selezioniamo otto startup con ticket da 150mila euro».

«Crediamo fortemente nell’ecosistema della Sicilia – ha concluso Maschera -. Ci sono diversi motivi per cui è importante accrescere nel territorio iniziative e investimenti in infrastrutture e Catania è il polo industriale dell’isola». Al netto delle problematiche croniche, il Mezzogiorno ha bisogno di idee e progetti per cambiare le cose. «Non ha senso voler  replicare la Silicon Valley, ma ciò che può fare la differenza è portarne l’ambizione». 





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