Che cosa ci ricorda il Giorno del ricordo

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Il 10 febbraio ricorre il Giorno del ricordo, istituito dal parlamento italiano nel 2004 e celebrato per la prima volta nel 2005. Secondo il testo della legge istitutiva, esso ha lo scopo di conservare la memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo nel secondo dopoguerra e «della più complessa vicenda del confine orientale». Si tratta di fenomeni storici poco conosciuti e quindi facilmente strumentalizzabili per obiettivi politici di parte, soprattutto dall’estrema destra. Ma che cosa sono realmente le foibe e l’esodo, e perché per comprenderle i legislatori hanno sottolineato la necessità di ricordare anche la «complessa vicenda» di quei territori?

Modifiche al confine orientale italiano dal 1920 al 1975

Modifiche al confine orientale italiano dal 1920 al 1975

Foto: Pubblico dominio

Un territorio conteso

Le foibe sono cavità carsiche – ossia formatesi nella roccia grazie all’erosione di acque acide – presenti in gran numero nella regione di confine tra le attuali repubbliche di Italia, Slovenia e Croazia. Nel corso della storia sono state ripetutamente usate per sepolture rapide, per esempio in caso di guerre o epidemie. Il termine “foibe” viene anche usato simbolicamente per indicare le uccisioni di cittadini italiani da parte jugoslava avvenute in quest’area in due momenti della Seconda guerra mondiale: nel settembre-ottobre del 1943 e nel maggio-giugno del 1945.

Si tratta di un territorio abitato da popolazioni di lingue e culture differenti: durante i secoli di dominazione asburgica predominarono le appartenenze meticce, ben rappresentate dallo scrittore triestino di origine ebraica Ettore Schmitz, che scelse lo pseudonimo di Italo Svevo per sottolineare la propria duplice identità italo-tedesca. Dopo la Prima guerra mondiale questa regione viene interamente annessa all’Italia e il fascismo impone una “italianizzazione forzata” a tutte le minoranze nazionali attraverso la violenza fisica e la proibizione per legge dell’uso delle lingue slave in tutti i contesti pubblici: dalla scuola ai nomi di battesimo. Chi non si adegua viene perseguitato o sceglie l’esilio. Così fanno circa 100mila persone, soprattutto sloveni e croati, che si trasferiscono nel Paese che si è formato a est dell’Italia, ovvero la Jugoslavia.

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