Milano, un giorno tra gli studenti che sognano Harvard: «Trasformiamo il sogno in realtà. Il cv perfetto? Vietato l’Europass. E la cravatta al colloquio è un falso mito»

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Il Salone internazionale dell’orientamento di Education First. «Le mete più ambite? Non solo New York ma anche Seul». E c’è chi simula il recruiting con l’intelligenza artificiale

Mondo chiama, Milano risponde. Il mito di New York, Boston e Oxford rimane intramontabile, ma — potere del K-pop prima ancora che di Squid Game — tiene banco anche la Corea (del Sud, va da sé), per tacere dell’Australia e di Dubai. La carta geografica è un catalogo di opzioni e le finestre dell’hotel Westin di piazza della Repubblica sono spalancate su tutto il globo: a scrutare l’orizzonte sono le decine di giovani (ma non solo) ospiti del Salone dell’orientamento — l’appuntamento che ogni anno mette in connessione domanda e offerta del mondo del lavoro — desiderosi di trovare uno sbocco accademico e lavorativo che ne consenta di varcare le colonne d’Ercole dei confini nazionali e, perché no, fare poi ritorno nella natìa Milano a esperienza conclusa.

Una kermesse con più di 20 tra aziende, università e associazioni che porta la firma di Ef Education First, punto di riferimento per l’organizzazione di anni scolastici all’estero, viaggi studio e corsi di lingue, che ora si appresta a tagliare il traguardo dei 60 anni di attività. «Spesso si pensa che riuscire a farsi ammettere in un’università americana sia impossibile, i più scettici sono soprattutto i genitori — spiega l’amministratrice delegata di Ef Italia Natalia Anguas —. Ecco, noi lavoriamo per offrire gli strumenti necessari a trasformare il sogno in realtà». Harvard non è una chimera, dunque: «Ma bisogna prepararsi per tempo, indirizzando i propri sforzi già a partire dal secondo anno delle superiori». Principio valido anche per l’ormai ambitissima e iper-competitiva Seoul, là dove nelle ore del famigerato Suneung, il test statale di ammissione all’università, vige addirittura la No fly zone per non disturbare gli studenti. «Più del 30% dei nostri clienti provengono da Milano, la più aperta e dinamica tra le città italiane — continua la manager —. Poi per carità, qui c’è anche una disponibilità economica di un certo tipo».
 
Al netto dei molti virgulti che si affacciano al mondo del lavoro non mancano anche over 50 che prendono nota sui viaggi studio: Walter Marrucci di primavere ne ha 68 e, dopo una vita spesa in banca, ora vorrebbe togliersi lo sfizio di puntellare il tedesco: «L’ho sempre studiato da autodidatta, è il mio hobby», ammette. Lo si avvista dalle parti dell’associazione ViaVai e del Goethe-Institut, a poca distanza dalla 23enne Cristina, laurea in Scienze Politiche alla Statale e ambizioni da ambasciatrice, che si informa sulle simulazioni delle assemblee Onu organizzate dal Mun.
Fatta salva l’internazionalità dell’appuntamento c’è anche chi opta per percorsi più (o meno) tradizionali: e allora spazio a lezioni su come avviare una boutique e a seminari sulle prospettive di una carriera da panificatore, designer o traduttore cinematografico. C’è chi fa capolino allo stand dell’ Accademia della moda e chi annota le informazioni necessarie a superare i test di ingresso universitari. Riccardo, al quinto anno dello scientifico Volta, declama cuffie al seguito i verbi irregolari inglesi, intento nel test di autovalutazione del livello di lingua: il B1 finale grida vendetta, per entrare a Medicina servirà una full immersion. D’altronde il fascino del camice bianco non conosce stagionalità: «Da almeno due anni si registra il boom delle professioni sanitarie».




















































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C’è anche chi di idee chiare per il domani non ne ha ancora ma si avvale comunque del servizio di revisione gratuita del curriculum. «Il dramma è che se ne continuano a trovare di sgrammaticati — sospira Enrica Perego di Info Jobs —. Qualcuno poi millanta sedicenti esperienze che non trovano riscontro neanche solo con il profilo Linkedin. Le bugie hanno gambe cortissime». Il cv, dunque: la pagina singola è preferibile ma non un dogma, almeno non quanto l’adozione di un modello personalizzato («L’Europass è superato») e l’autorizzazione in calce al trattamento dei dati personali, spesso dimenticata. «Anche quello dell’eleganza al colloquio di lavoro è un falso mito — ammonisce — , la cravatta va bene se ti candidi in banca, ma in una catena di pub saresti ridicolo».

E c’è persino anche si prepara all’appuntamento con le risorse umane simulando un faccia a faccia con l’intelligenza artificiale: a far da cavia tal Noemi, irrigidita più dal pubblico da sessione di laurea alle sue spalle che dalla ripetitività delle domande dell’applicativo. «Ma serve per esercitarsi — spiegano da Buddy Job —, prima di sostituirsi a un recruiter in carne ed ossa servirà tempo». Il test della stretta di mano (per ora) è salvo.

10 febbraio 2025



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