Gilles Villeneuve e Mario Poltrineri, uniti da una data

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Il 18 gennaio è il giorno del compleanno di Gilles Villeneuve (e di Dino Meneghin, come scordare un altro gigante dello sport), ma è anche il giorno della morte di Mario Poltronieri (sono passati 8 anni) uno dei suoi grandi cantori, la voce della Formula 1 in quegli anni.

Oggi mi piace ricordare quello che sarebbe stato il 75° compleanno di Gilles con una frase di Marcello Sabbatini, l’uomo che più di ogni altro fece scoppiare la Febbre Villeneuve in Italia: “Per anni la Formula Uno era stata dominata da piloti che sembravano robot. Non a caso uno come Lauda era stato soprannominato computer, mentre il brasiliano Fittipaldi aveva fama di ragioniere. Puntando su Gilles, Ferrari rimise l’ardimento, il cuore, il coraggio, là dove dovevano stare: al primo posto”. Il cuore e il coraggio sono state le qualità che hanno fatto la differenza in Gilles. Quelle che lo hanno fatto entrare nel cuore della gente e ancora oggi, 43 anni dopo quel tragico 8 maggio di Zolder, lo lasciano lì sul piedestallo per i tifosi della Ferrari e non solo.

“Una volta ci fermammo con la macchina a un autogrill per fare il pieno. Io ero in testa al campionato del mondo, non lui. Be’, il distributore chiese l’autografo soltanto a lui. Gli italiani, ma direi tutti i ferraristi, impazzivano per Gilles. Quando prese il brevetto da pilota di elicottero, una volta Gilles si divertì a farmi credere che stavamo rischiando di precipitare. Il bello è che era vero: lui aveva portato al limite la batteria, restò per aria accendendo e spegnendo il motore, mentre io me la facevo sotto per il terrore”, raccontò una volta Jody Scheckter che gli rimase amico fino all’ultimo.

Cosa chiedo a Enzo Ferrari? Una buona macchina, soprattutto robusta. Mi basta che sia 3-4 decimi più lenta della migliore: poi a togliere il restante mezzo secondo ci penso io 

Quando si ritirava Villeneuve (e capitava spesso) il crollo di audience sulla Rai che trasmetteva i Gran premi era del 70%. Così almeno raccontava Mario Poltronieri in anni in cui le rilevazioni auditel non erano precise come quelle di oggi. Ma capitava lo stesso ai giornali: quando vinceva Gilles (e capitò solo sei volte) la Gazzetta dello Sport e soprattutto Autosprint e Rombo dovevano “tirare” più copie perchè andavano a ruba.

“Aveva scelto la strada più difficile: quella del pilota che vuole vincere, senza calcoli, né prudenze o risparmi. Una strada che porta rapidamente alla popolarità, all’amore della folla, ma anche un gioco rischioso, nel quale tuttavia Gilles Villeneuve sembrava aver trovato un sottile equilibrio. Finché qualcosa si è rotto. Da qualche tempo Villeneuve era diventato impaziente, teso. Perché? Forse il pensiero dei suoi trent’anni, nascosti da un volto di ragazzino irrispettoso, gli avevano messo dentro la fretta, l’ansia di non arrivare in tempo  a quello che ogni pilota di Formula 1 considera il traguardo finale, il coronamento della propria carriera: la conquista del titolo mondiale. Un’ansia acuita da avvenimenti recenti: come il grande ritorno di Niki Lauda o la scoperta di avere come compagno di squadra un irriducibile antagonista. … Le terribili immagini di Zolder ne sono una prova. Per una frazione di secondo Gilles Villeneuve ha dato ascolto soltanto alla propria ansia, alla propria fretta ed è caduto in una trappola mortale”, scrisse di lui Athos Evangelisti che era la prima firma della Formula 1 sulla Gazzetta in quegli anni sul giornale del 10 maggio 1982.

Qualche anno fa, qualdo venne presentato all’Aci Milano il volume Machina dedicato a Gilles, Marco Poltronieri, il figlio di Mario raccontò: “Quel giorno la Rai non trasmetteva le prove del Gran premio del Belgio, ma io ricordo che papà mi chiamò sapendo quanto ne fossi tifoso e mi disse che Gilles non c’era più: piansi per due giorni… non andai neppure a scuola il lunedì e poi il giorno dopo sapendo quanto ne fossi innamorato, ci furono dei compagni che mi fecero le condoglianze.

Ecco lo storico commento di Mario Poltronieri al duello di Digione tra Gilles e Arnoux: https://www.rainews.it/video/2023/02/il-duello-di-digione-tra-arnoux-e-villeneuve-la-telecronaca-di-una-pagina-epica-della-formula-1-378a3c2c-7c5f-4c66-aa3a-5b28f17e32b7.html

Mario Poltronieri era nato a Milano nel 1929. Da giovane aveva lavoratro come pilota colaudatore per la Abarth, di cui guidò i modelli 600, 750 e 100. Entrò in RAI nel 1961, a 32 anni, per collaborare a un programma di motori. Nel 1964 fu il telecronista della prima partita della Nazionale italiana di baseball trasmessa dalla RAI. Nel 1971 invece diventò il telecronista ufficiale della Formula 1, e più tardi anche del Motomondiale. Andò in pensione nel 1994, lo stesso anno in cui commentò in diretta la morte di Ayrton Senna a Imola.

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Aveva la stessa passione di Gilles, ma al contario del canadese, lui non entara nelle case della gente con manovre ad effetto, lui lo faceva con misura, eleganza e competenza.

Aveva cominciato con la Formula 1 in bianco e nero e finì con la Formula 1 a colori. Quelli che lui ed Ezio Zermiani sapevano comunque mettere sempre nel loro racconto pieno di amore per quello sport e i suoi protagonisti.

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