Quanto costa aprire una Partita IVA

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Una delle prime domande a cui deve rispondere chiunque desideri avviare un’attività in proprio è: quanto costa aprire una Partita IVA?

In questo articolo, analizzeremo approfonditamente le spese da sostenere per avviare una Partita IVA e quali sono i principali obblighi fiscali da rispettare, fornendo una panoramica sui diversi regimi fiscali disponibili in Italia.

Partita IVA: costi di apertura e aspetti da considerare

L’apertura della Partita IVA è fondamentale per l’avvio di un’attività autonoma, ma le spese da sostenere possono variare molto. Il costo per apertura Partita IVA può essere nullo per i liberi professionisti, mentre le ditte individuali devono affrontare delle spese fisse. Per orientarci meglio, è essenziale capire la differenza tra lavoro autonomo e impresa.

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Differenza tra lavoro autonomo ed impresa

La differenza tra lavoro autonomo ed impresa si fonda soprattutto sul tipo di attività svolta. 

Un lavoratore autonomo offre ai propri clienti dei servizi basati sulla propria competenza professionale. In altre parole svolge un’attività intellettuale. Ad esempio un architetto, un avvocato o un geometra, ma anche un consulente informatico, un web designer o un traduttore, sono lavoratori autonomi.

Un’impresa, invece, svolge un’attività artigiana (come ad esempio un falegname, un fabbro, un calzolaio) o commerciale (come il titolare di un negozio di alimentari o di un ferramenta, o di un negozio online di qualsiasi prodotto) o industriale (come una fabbrica alimentare o tessile). L’attività di impresa, a differenza del lavoro autonomo, si distingue per un’organizzazione strutturata di risorse e mezzi, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi e contraddistinta dall’assunzione di un rischio imprenditoriale.

Costo apertura P.IVA nel caso di liberi professionisti

Il primo passo per un libero professionista che vuole avviare la propria attività è comunicare l’inizio attività all’Agenzia delle Entrate, compilando e inviando il modello AA9/12. Contestualmente, è necessario iscriversi alla cassa previdenziale per il versamento dei contributi. Se queste pratiche vengono svolte in autonomia, l’apertura della Partita IVA è gratuita. Se, invece, si preferisce affidarsi ad un commercialista per la gestione della pratica, il costo da sostenere varia a seconda del compenso richiesto.

Costi apertura Partita IVA nel caso di ditte individuali

Se invece si intende aprire una ditta individuale, i costi sono più elevati poiché sarà necessario inviare la pratica ComUnica alla Camera di Commercio. Tale pratica include:

  • l’iscrizione al Registro delle Imprese il cui costo è compreso tra 75,50€ e 135,50€ a seconda del tipo di attività svolta. Con questa iscrizione si procede anche all’apertura della Partita IVA, all’iscrizione all’INPS e se necessario anche all’INAIL;
  • la presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), che ha un costo costo variabile da 0€ e 200€ a seconda del Comune;
  • la firma digitale e la PEC i cui costi variano a seconda del provider scelto.

A questi costi bisogna sempre aggiungere i costi del commercialista che predispone ed invia la pratica.

Queste sono le spese da sostenere per la costituzione di una ditta individuale, mentre nel caso in cui si dovesse optare per la costituzione di una società i costi lieviterebbero di molto. 

Codice ATECO: come incide sui costi Partita IVA

Al momento dell’apertura della Partita IVA si è tenuti ad individuare il corretto codice ATECO. Si tratta di un numero, a sei cifre, che identifica la tipologia di attività svolta

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Il codice ATECO gioca un ruolo fondamentale, in quanto influenzerà in modo significativo gli adempimenti burocratici e le pratiche amministrative. Alcuni codici ATECO, ad esempio, richiedono particolari autorizzazioni sanitarie o la verifica dei requisiti dei locali nei quali viene svolta l’attività. Non solo, il codice ATECO può avere riflessi anche sui costi in quanto incide sui coefficienti di redditività nel caso si opti per il regime forfettario (di cui parleremo più sotto) e sui contributi previdenziali dovuti.

Aprire Partita IVA costi: i contributi dei lavoratori autonomi

Uno dei costi più rilevanti che si è tenuti a sostenere dal momento dell’apertura della Partita IVA è rappresentato dai contributi. Anche qui ci sono differenze tra lavoratori autonomi ed imprese.

Per quanto riguarda i contributi, i lavoratori autonomi si dividono in due categorie:

  • professionisti, iscritti ad un albo che ha creato una propria cassa di previdenza, come gli avvocati, i geometri, gli psicologi, i biologi;
  • gli altri lavoratori autonomi privi di una propria cassa, ad esempio interpreti, traduttori, grafici.

I primi versano i contributi alla cassa di appartenenza. Ogni cassa ha le proprie regole e una misura diversa dei contributi dovuti. Tuttavia, generalmente, sono dovuti tre diversi tipi di contributi:

  • il contributo oggettivo, che serve alla formazione della pensione;
  • il contributo integrativo che va a finanziare la cassa di previdenza;
  • il contributo di maternità che serve per il pagamento dell’indennità alle professioniste durante i periodi di gravidanza e maternità.

I secondi sono tenuti a versare i contributi alla Gestione Separata INPS. I contributi sono dovuti sulla differenza tra gli incassi e i spese sostenute. L’aliquota da applicare, varia ogni anno e  per il 2025 è del 26,07%. Questo significa che se non si guadagna nulla non si è tenuti a versare nulla.

Costi Partita IVA: i contributi per le ditte individuali

Le ditte individuali versano i contributi, a seconda dei casi, alla gestione artigiani o a quella commercianti.

In entrambe le ipotesi occorre versare dei contributi fissi ed eventualmente anche dei contributi variabili. I contributi fissi sono sempre dovuti, a prescindere dal reddito conseguito, quindi anche se non si guadagna nulla. I contributi variabili, invece, vanno versati solamente se il reddito supera un valore minimo.

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Anche i contributi dovuti dalle ditte individuali variano annualmente e sono diversi a seconda che si è iscritti alla gestione artigiani o a quella commercianti. In linea di massima i contributi fissi dovuti si aggirano sui 4.500 euro annui da pagare in 4 rate trimestrali.

Come scegliere il regime fiscale giusto?

Nel momento in cui si decide di avviare un’attività autonoma, non bisogna preoccuparsi solamente del costo Partita IVA, ma occorre anche scegliere il regime fiscale più adatto. Le opzioni principali sono il regime forfettario e il regime ordinario.

1. Regime forfettario

Il principale requisito per poter applicare il regime forfettario è quello di prevede un fatturato annuo inferiore a 85.000€. I principali vantaggi sono:

  • imposta sostitutiva del 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni per le nuove attività) che significa che si paga un’imposta del 15% che va a sostituire IRPEF, IVA e addizionale regionale e comunale;
  • possibilità di riduzione del 35% sui contributi INPS per artigiani e commercianti. Non si può beneficiare di questa riduzione se si è un lavoratore autonomo iscritto alla gestione separata INPS. Occorre fare attenzione, però, perché se da una parte l’agevolazione riduce i versamenti contributivi, dall’altra comporta la maturazione di un trattamento previdenziale più basso;
  • determinazione forfettaria del reddito imponibile. L’imponibile fiscale (cioè la somma sulla quale viene applicata l’imposta sostitutiva del 15 o del 5%) viene determinato moltiplicando gli incassi per un coefficiente di redditività che varia a seconda del proprio codice ATECO;
  • semplificazione degli adempimenti contabili. I principali obblighi di un contribuente forfettario sono quelli della fatturazione elettronica e della conservazione digitale.

2. Regime ordinario

Se si superano i limiti del regime forfettario o nel caso in cui la propria attività ha costi elevati, si deve optare per il regime ordinario, che prevede:

  • aliquote IRPEF progressive a partire dal 23%;
  • reddito determinato come differenza tra ricavi conseguiti e costi sostenuti;
  • IVA applicata in fattura e obbligo di versamento periodico;
  • maggiori adempimenti contabili come la tenuta di tutta una serie di registri.

Costo apertura Partita IVA: l’impatto del regime contabile sui costi di gestione

La scelta del regime contabile incide in modo significativo sui costi di gestione di un’impresa o di un libero professionista. Il regime forfettario, ad esempio, prevedendo adempimenti contabili minimi e semplificati, comporta minori spese per il commercialista. Al contrario, il regime ordinario comporta una maggiore complessità nella gestione della contabilità, con la necessità di tenere registri, effettuare scritture contabili più elaborate e presentare dichiarazioni dei redditi più complesse. Di conseguenza, il costo del commercialista per la gestione di un’attività in regime ordinario sarà sicuramente più elevato rispetto a quello di un’attività in regime forfettario. 

Gli strumenti indispensabili per la gestione della Partita IVA

Avviare un’attività in proprio significa prendere decisioni cruciali, dalla scelta del regime fiscale agli adempimenti burocratici. Tra queste decisioni non vanno sottovalutate la scelta di un buon provider di firma digitale e di un ottimo programma di fatturazione. Perché sono così importanti?

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Un programma di fatturazione elettronica efficiente, come quello offerto da InfoCertpermette di emettere e inviare fatture elettroniche in modo rapido e sicuro, riducendo il rischio di incorrere in errori e risparmiando tempo e risorse. Inoltre, la conservazione digitale a norma garantisce la conformità alle normative e la sicurezza dei documenti. Oltre a ciò, Legalinvoice di InfoCert ha il piano perfetto per ogni esigenza, sia la piccola Partita IVA in regime forfettario che la PMI, ma è adatto anche per chi ha bisogno di gestire più aziende.

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