Sull’identità e la solitudine: la sintesi di SETAK tra Abruzzo e mondo arriva a Milano – Rockon.it

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Procedura celere

 


Articolo di Marzia Picciano | Foto di Martina Fiore

Nicola Pomponi è di Penne, provincia di Pescara, locus amoenus dell’Abruzzo che per me é da sempre la città dell’omonima grande diga e di una schiera di sarti di Brioni. A Nicola sono molto riconoscente per il suo lavoro artistico come Setak, perché ha fatto qualcosa di molto bello. Ha portato in musica il nostro dialetto, che non è dei più avveniristici né, aimé, come il Romanesco o il Napoletano ha mai fatto parte della cultura di massa o di moda. L’ha fatto senza rischiare di finire nel macchiettistico, o limitare il suo ascolto

Tuttavia, dopo il live di questo sabato 8 febbraio all’Arci Bellezza di Milano, in una Palestra Visconti piena, mi duole ammettere che non avevo capito niente davvero del progetto di Setak. Che si tratta di molto altro, e soprattutto di molto di più.

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Procedura celere

 

Setak in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

In realtà, il sospetto mi viene già qualche mezz’ora prima, quando riesco a scambiare due parole con Nicola. Dalla stanza affianco, nonostante l’insonorizzazione dell’area artisti, arriva l’eco del sound check del sassofono di Marco Scipione, artista che parla con l’accento del nord – ma assicura, è abruzzese anche lui – e propone brani che giocano tra lo strumento a fiato e l’elettronica. Niente, cattura la mia attenzione come un lampo di bellezza improvvisa, proprio mentre parlo con Nicola. Capisco, e mi sorprendo di non averlo inteso prima, che quello che Setak sta facendo è qualcosa che va oltre il semplice bel lavoro cantautoriale.

Sètak arriva da Novara insieme alla sua band (che include anche suo fratello Nazareno, alle tastiere) dove ha concluso il giorno prima la prima tappa del mini tour. Adesso è la volta di Milano e man mano scenderà la Penisola. L’altro ieri, appunto, era sold out.

Era un concerto di cuori e di cuore, per come è stato sentito. Una piccola grande celebrazione di un successo. Ed è stato un live di un livello musicale squisito. Ma andiamo con ordine.

Marco Scipione in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Fare sold out non è una cosa da poco per un autore che ci parla in una lingua non così comune. Non so quanta parte dell’effetto arrivi dalla Targa Tenco dell’anno scorso per Assamanú, ultimo disco di una trilogia iniziata con Bluesanza qualche anno prima, una storia in più capitoli che ricorda quello che un altro corregionale, Luca Romagnoli, ci diceva rispetto al “tornare alla terra e al corpo“.

Setak dice: “Devo qualche modo rivendicare l’appartenenza a quel paese meraviglioso che tanto ci ha tolto, e tanto ci ha dato”. Ma alla fine, anche per i precedenti dischi, c’era quasi quasi arrivato, sempre sul podio in cinquina ma non il primo: che fa la differenza, dice, se sei dentro o fuori e soprattutto se non sei primo, quindi finalmente c’è stata quella soddisfazione a lungo cercata. Quando però gli chiedo se sia cambiato qualcosa dalla Targa ad oggi, Setak è onesto nel dire: non troppo. Ma ora ha la possibilita’ di lavorare come vuole e su progetti di valore.

Crederci o meno sta a noi, però per comprendere il suo punto di vista bisogna andare un pó indietro. A come nasce il progetto Setak.

Se dovessi sintetizzare quello che ci siamo detti, sarebbe: un lavoro di ricerca, partenza, ritorno, e quindi, in una dialettica dal sapore hegeliano, arrivare a una sintesi. Per arrivare al suo progetto.

Setak in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Io ci sono arrivato grazie alla distanza, alla lontananza, per assurdo. A un certo punto della mia vita ero veramente privo di motivazione, di qualsiasi cosa. Avevo anche smesso quasi di suonare. Ho sempre avuto molte fasi, up and down nella mia vita, e in quella fase proprio non riuscivo a trovare la mia via. Mi sentivo talmente un impostore, anche con la musica, nel senso che mi sentivo sempre di imitare sempre qualcuno”.

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E quindi? “Ho detto: mi trasferisco a Londra, vediamo che succede. E mi trasferisco lì, completamente senza programmi. Non avevo molta voglia di suonare, però. Faccio parte di band, faccio delle esperienze, faccio tutti i lavori possibili e proprio lì ho ripreso possesso della mia della mia identità. Per assurdo.”

Superando un pó quella sensazione di stare perdendosi il meglio del mondo mentre si é in un piccolo angolo di una provincia.Entrando in contatto col mondo internazionale, ho ripreso possesso della mia identità. É come se avessi l’avessi accettato: che sono una persona, un ragazzo di Penne che però ama la musica del mondo. È quello che ho cercato di fare. Quindi ho portato la mia lingua, le mie radici, ho cercato di mescolarle con una sintesi di musica che viene dal mondo, con quella che mi piace.

Setak in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Per quello diamo ragione a tutti quelli che hanno sottolineato la visione internazionale della musica di Setak. Sperando che non si siano fermati agli accenni di world music di alcuni dei suoi pezzi, anche se Paul Simon rientra nei suoi riferimenti, insieme a Peter Gabriel, Jimmy Page, Ry Cooder, Milton Nascimiento, Lucio Dalla e Pino Daniele ma anche Madison Cunningham, Cristina Donà (presente in sala, non a caso), Carmen Consoli.

Tutti artisti che hanno operato una sintesi molto personale”. Anche se, dice, “ho evitato di ascoltare troppo i cantautori, perche mi viene subito da imitarli.” Ha ragione quando sostiene che anche togliendo la sua voce, il progetto rimane identificabile e non assimilabile a nessun prodotto pop cantautoriale come oggi conosciamo in Italia.

Lo capiamo quando fa salire sul palco Scipione e il suo sax a duettare con lui. O quando, special guest della serata, suona Goccia con la Donà e ci parla del suo lavoro, insieme ad altri artisti, di ricerca e celebrazione dell’opera di Robert Wyatt.

La costruzione della composizione e degli arrangiamenti é estremamente presente e palpabile, nella grazia del “migliore chitarrista che conoscaAlessandro Chimienti che passa da ukulele a chitarre portoghesi, attutendo leggermente nel live la connotazione profondamente rock-blues dei pezzi, eppure rimanendo in un delicatissimo racconto, dove risalta l’unico pezzo in italiano di Assamanù, Figli Della Storia, il duetto con Simone Cristicchi.

Setak in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Bisogna quindi dire che, nonostante le apparenze, c’é poco, pochissimo, di vagamente folkloristico nella musica di Setak. C’é il richiamo a una comunità di persone, certo, come nei cori per Alé Alessà e per l’entusiasmo su Pane e ‘Ccicorje, ma é ancora più forte il sentore di caravan che un brano socialmente impegnato come Curre Curre, suonato sabato in un particolare stato di grazia, emana.

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Setak usa il particolare culturale e sociale per entrare in un racconto musicale che è di una dimensione ancora più intima. Lo dice apertamente, “Il dialetto è diventato una cosa super sdoganata. Adesso è diventato una specie di assegno circolare.” In un pezzo come Di Chi ‘Ssi Lu Fije? si parla del rientro a casa, e della nebbia (o l’inverno) di chi è rimasto dietro deve affrontare per guardare al cambiamento. È un tema trasversale. Anche perché, se sono sicura di qualcosa, è che chiedere di chi si è figlio sia una forma di identificazione radicata in qualsiasi paese, provincia o hinterland italiano. 

Nel 2019 fare un disco in dialetto in abruzzese, poi in modo intimista, era proprio la cosa più bella. D’altra parte, non esiste cosa più sbagliata che può fare uno a livello economico, diciamo la cosa più antica e antieconomica del mondo. Però in quel momento lì, che sono veramente pochi anni fa, ma per me è un’eternità, aveva il suo senso. Nonostante tutta la solitudine che ho passato, perché quando fai un progetto del genere sei molto solo. Devo dire che la solitudine dovrebbe far parte di ogni progetto di valore.”

Setak in concerto all’ARCI Bellezza di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Perché sei solo contro il mondo? É come se mi fossi dato l’autorizzazione per pensarla in quel modo, se una cosa è particolare. Solitudine vuol dire che stai facendo una cosa particolare. Ecco, almeno quella è innegabile.”

Il percorso che porta alla sintesi é solitario, anche perché il rischio di invischiarsi nella simulazione e nello scimmiottamento é altissimo. La musica italiana, dice Setak, vive di riferimenti non suoi. “Purtroppo noi non abbiamo mai sviluppato la nostra identità musicale (con delle eccezioni, ovvio). In genere abbiamo sempre scimmiottato qualcosa che viene da fuori.” Sempre alla ricerca del Bob Dylan italiano.

E Sètak dove si sente invece nel percorso di sintesi? A buon punto crede. “Mi sento che il tentativo c’è, poi quello sta agli altri deciderlo”. E noi altri glielo diciamo: va tutt ‘bbone, Nico’. Vedere per credere.

Clicca qui per vedere le foto di SETAK a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).

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Setak

SÈTAK – La scaletta del concerto di Milano

  • Assamanu
  • Blusanza 
  • La fame e la sete
  • L’Erba ‘Nzi Fa Pugnale.
  • Di Chi ‘Ssi Lu Fije?
  • Quanda sj ‘fforte
  • Aspitte Aspitte
  • Curre curre 
  • Pane e ‘ccicorje
  • Figli Della Storia
  • Alé Alessà
  • Picche’
  • Goccia (con Cristina Dona’)
  • Marije

Encore

  1. Pane e ‘ccicorje



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