Elezioni regionali, la pericolosa partita a scacchi in Veneto e sogno Puglia e Campania di Meloni

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Il centrodestra si prepara a una delle stagioni più calde da quando ha conquistato la guida del paese e avviato la stagione meloniana: le elezioni regionali. Non solo perché si vota in sei Regioni (Veneto, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Campania, Puglia), di cui solo due governate dalla coalizione, ma anche e soprattutto perché sarà l’ultimo test prima delle elezioni politiche e il primo dopo il convenzionale giro di boa della legislatura. L’obiettivo della maggioranza è quello di colorare ancor più di blu lo Stivale e di rifarsi dopo i passi falsi in Sardegna e Umbria: due sconfitte che pesano sull’intera alleanza, ma che non sembrano comunque aver prodotto scossoni su scala nazionale. Motivo per cui sfidare la sorte potrebbe risultare quasi inopportuno.

Difendere Veneto e Marche è la priorità. L’ex Serenissima è una roccaforte del centrodestra e del Carroccio, ma nelle ultime elezioni politiche ed europee è stato registrato un successo enorme per Fratelli d’Italia. Le Marche rappresentano per FdI la prima Regione conquistata e l’inizio di una stagione che ha segnato il passaggio per il partito fondato da Meloni, Crosetto e La Russa da socio minoritario a primo partito della coalizione. Confermare Acquaroli significa mantenere aperta la stagione delle vittorie, in un partito in cui i simboli contano e non poco.

La visione di coalizione

Ma è l’intera tornata – che porterà alle urne circa 17 milioni di elettori – a rappresentare un banco di prova cruciale per la coalizione guidata da Meloni, che in questa fase dovrà rivestire il doppio ruolo di leader di Fratelli d’Italia e di tutta l’alleanza. Compiendo scelte che possono anche deludere le aspettative degli ambiziosi colleghi di partito. Del resto, un primo assaggio lo diede alle politiche, quando scelse di lasciare non pochi collegi ai centristi di Lupi, dimostrando la visione di unità della coalizione rispetto al più immediato interesse di partito.

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In Veneto i nomi anti-Zaia

Il tema Veneto è quello che più di tutti rappresenta il vero test di tenuta e dell’effettiva capacità di trovare la quadra, anche alla luce delle ambizioni (per nulla celate) provenienti da FdI sulla successione a Luca Zaia. Si fanno oramai abitualmente i nomi del senatore Luca De Carlo (attualmente presidente della Commissione Agricoltura a Palazzo Madama) e dell’europarlamentare Elena Donazzan; filtra anche quello del senatore Raffaele Speranzon. Sempre in Veneto, deve essere scelta anche la casella di sindaco di Venezia, che potrebbe essere proposta allo stesso Zaia. Ma da Forza Italia fanno sapere che se i giochi si riaprono allora è in campo pure l’ex sindaco di Verona, Flavio Tosi.

Zaia e il quarto mandato

La Lega non cede e vanta dalla sua una presenza sul territorio che Meloni deve tenere in considerazione, visto che un cambio di equilibri potrebbe non essere apprezzato. E non va dimenticato che il primo a voler rimanere al suo posto è Zaia, che ambisce – anche questo non è un mistero – al suo quarto mandato da governatore o Doge, termine a lui più confacente. Perché il tema delle Regioni passa dalla questione del terzo mandato, ormai vero e proprio terreno di battaglia trasversale che contrappone parlamentari e amministratori locali. Quest’ultimi hanno dalla loro un dato che possono far pesare: quello delle “preferenze”, l’essere stati eletti direttamente dai cittadini e senza listini bloccati. La questione, in fondo, è più complessa di quello che appare.

Ma il centrodestra non può e non deve guardare solo a Nord. Anzi, restano due caselle da dipingere di blu. Due caselle che Meloni può consegnare alla storia: la Campania e la Puglia. Due Regioni che – se strappate alla sinistra – consegnerebbero l’ex Regno delle Due Sicilie interamente al centrodestra, e stringendo d’assedio le Regioni “rosse”. La politica è soprattutto percezione, e per Meloni chiudere le regionali da vincitrice vorrebbe dire anche mettere fine alla segreteria democratica di Elly Schlein e alle ambizioni di un centrosinistra unito. Sarà un match interessante, che inizierà a definirsi solo quando saranno rese note le date. Si parla di un election day che potrebbe far risparmiare danari, ma anche bloccare il paese in una campagna elettorale dalle dimensioni nazionali.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante – per ragioni anagrafiche – di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù – non per vizio – di sigari, ho solo un mito John Wayne.

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