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«Dinamiche relazionali prettamente aziendali», ragion per cui «Abi non può interferire con l’autonomia dei singoli aderenti e deve riguardare la tutela di interessi comuni».
Sono i due passaggi chiave della lettera dell’Associazione Bancaria Italiana ai sindacati confederali di Banco Bpm. Quel documento equivale a una sentenza della Corte di Cassazione: l’Abi di fatto pone fine alla vertenza sindacale di Piazza Meda, si sfila dalla partita, legittima il comportamento del gruppo guidato dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna e contestualmente si rifiuta di incontrare i rappresentanti di Fisac Cgil, Uilca e First Cisl.
Critiche e conseguenze per i sindacati
Le tre sigle avevano tirato in ballo l’Assobancaria dopo aver sottoscritto la conciliazione con Banco Bpm in seguito alla denuncia per comportamento antisindacale: una resa, quella arrivata davanti al tribunale di Milano il 5 settembre scorso, che i confederali avevano accettato perché dopo oltre due mesi di attacchi non erano riusciti a ottenere nulla di concreto per i 20 mila dipendenti dell’istituto. Anzi, semmai sono riusciti nell’impresa di rallentare il negoziato sui premi e quello sugli avanzamenti di carriera ovvero gli inquadramenti professionali.
Si è perso tempo e il danno, patito da chi lavora, diventerà giocoforza un formidabile pretesto per strappare qualche tessera dei confederali. Ma oltre a dover arginare l’inevitabile fuga di iscritti Fisac, Uilca e First dovranno tentare disperatamente di recuperare il rapporto con Castagna, che agli occhi dei bene informati appare ormai compromesso. Questione tutt’altro che secondaria, se si considera che nelle prossime settimane – ma soltanto dopo che verranno chiuse le trattative in corso sugli esodi volontari in Intesa Sanpaolo e Unicredit – dovranno essere definiti gli accordi sui permessi sindacali a libello nazionale. Non solo: l’accordo va rifatto anche in Banco Bpm.
Le ripercussioni per il settore bancario
A Piazza Meda però si riparte in un clima inquinato. Negli scorsi mesi l’atteggiamento di Fisac, Uilca e First è stato duramente criticato dalla banca, il cui comportamento adesso è legittimato anche dall’associazione di categoria. Banco Bpm – sentenzia Abi – aveva tutte le ragioni per pretendere di trattare con tutti i sindacati insieme e di firmare, eventualmente, gli accordi solo con chi condivide questa impostazione.
La dura comunicazione dell’Abi è una sorta di ultimo grado di giudizio in questa vicenda. E pesa anche sul piano politico: il contenuto, del resto, è stato votato all’unanimità da tutto l’esecutivo dell’associazione delle banche a Milano il 25 settembre scorso. Un segnale non irrilevante, quello dei banchieri, plasticamente rivolto alle segreterie generali dei confederali bancari: come se gli amministratori delegati volessero dire, congiuntamente, che le trattative, tanto quelle nazionali quanto quelle aziendali, si fanno seduti a un solo tavolo, unitario. Se ne dovranno fare una ragione.
E se ne dovrà fare una ragione anche quel dirigente di un gruppo bancario molto vicino alla pensione, che, sin dall’inizio della vertenza a Piazza Meda, per motivi strettamente personali si è seduto, dietro le quinte, nella cabina di regia dei confederali. (riproduzione riservata)
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