I cittadini continueranno a scegliere tra i professionisti
1) Chi è il medico di famiglia?
È una figura istituita nel 1978, quando è nato il Sistema Sanitario Nazionale, con l’obiettivo di assicurare ad ogni cittadino un dottore di riferimento per le cure sul territorio. Prima di questa riforma esisteva il medico della mutua che operava in collegamento con le assicurazioni. Oggi i medici di famiglia sono circa 30-35 mila e hanno una quota di assistiti variabile che nella maggior parte dei casi è di 1.500 (i medici in questo caso sono detti «massimalisti»). Tutti possiamo scegliere liberamente presso quale studio iscriverci.
2) Qual è il rapporto dei medici di famiglia col Servizio Sanitario Nazionale?
Oggi il medico (la definizione tecnica è medico del ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta) è legato all’Ssn da un accordo di convenzione risalente al 2016-18, come libero professionista para-subordinato, retribuito in base al numero di pazienti (quota capitaria) ai quali deve dedicare un minimo di 15 ore a settimana.
3) Quando è stata rinnovata la convenzione?
L’ultimo contratto è stato firmato nel 2024 (ma non ancora attuato dalle Regioni). Copre il triennio 2019-21, e prevede già un cambiamento. I nuovi entrati devono prestare servizio nelle strutture indicate dall’azienda sanitaria e hanno l’obbligo di aprire uno studio. Man mano che verranno scelti dal cittadino e avranno quindi un crescente numero di pazienti da seguire in privato-convenzionato, il numero di ore presso le strutture pubbliche diminuirà. Nel sistema «misto» vige un doppio regime retributivo: a orario e per quota capitaria.
4) E i medici già convenzionati?
Potranno scegliere se svolgere le 38 ore interamente nel proprio studio o recarsi part time presso le strutture indicate dalla Asl di appartenenza.
5) Cosa prevede l’ipotesi di riforma allo studio delle Regioni?
Si mette fine alla convenzione, i nuovi medici di famiglia diventano dipendenti a tutti gli effetti del Sistema Sanitario Nazionale , come i dirigenti ospedalieri. Si lascia agli «anziani» la possibilità di scegliere. In questo modo la Asl di appartenenza li potrebbe utilizzare nelle strutture dove sono necessari, ad esempio negli ambulatori decentrati o dei piccoli paesi che oggi più facilmente restano sguarniti. Questa operazione secondo i calcoli potrebbe costare circa 5 miliardi alla sanità.
6) Cosa prevede la proposta di legge depositata da Forza Italia alla Camera, primi firmatari Benigni, Cappellacci, Patriarca, che verrà sottoposta anche all’esame del Senato?
Viene mantenuto il regime di parasubordinazione. I medici di famiglia devono garantire 38 ore settimanali complessive in aggregazioni funzionali territoriali a tempo pieno.
7) E quindi come sono articolate le 38 ore nella proposta depositata da Forza Italia?
Venti ore massimo di attività per gli assistiti, le restanti 18 nei presidi sanitari stabiliti da azienda sanitaria, distretto e casa di comunità. L’articolazione delle ore da dedicare alle due attività è differenziata in base al numero degli assistiti. Un punto importante riguarda la formazione. Non più corsi regionali ma universitari.
8) È vero che col passaggio eventuale alla dipendenza il cittadino perderebbe il diritto di scegliere il proprio medico?
No, questo non è previsto. I sindacati dei medici di famiglia (il più rappresentativo per numero di iscritti è la federazione Fimmg, seguita da Snami e Smi) temono però che il rapporto di fiducia col paziente verrebbe indebolito in quanto i singoli professionisti passerebbero parte del loro tempo lontani dallo studio. Angelo Testa, presidente di Snami, propone un modello elastico, ispirato a quello degli specialisti: «No a schemi rigidi e penalizzanti. Deve essere garantito il passaggio dall’una all’altra forma contrattuale».
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