Il governo garantisce che i servizi segreti non hanno spiato i giornalisti. Ma non dice chi lo ha fatto

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Il sottosegretario Mantovano difende l’operato dell’intelligence italiana sui casi Paragon e Almasri, negando abusi nell’uso dello spyware Graphite e respingendo le accuse di spionaggio a favore della Libia. Allo stesso tempo, apre alla possibilità di aggiornare la normativa sui Servizi segreti.

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Negli ultimi giorni, il tema della sorveglianza e delle attività dell’intelligence italiana è tornato al centro del dibattito politico, in particolare per due questioni spinose: l’uso dello spyware Graphite, sviluppato dalla società israeliana Paragon, e il presunto coinvolgimento del generale Giovanni Caravelli in un’operazione di spionaggio legata alla Libia.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza, Alfredo Mantovano, ha così preso posizione con una difesa netta dell’operato dei Servizi segreti, respingendo ogni accusa e ribaltando la questione: se ci sono state violazioni, saranno le autorità giudiziarie a fare chiarezza.

“Il dato obiettivo, che credo smentisca tutte le ricostruzioni dei giorni passati, è che Paragon non ha mai sospeso il servizio e non ha rescisso nessun contratto. Quello che posso aggiungere, è che garantisco a nome del governo il rigoroso rispetto della legge 124, in assoluto e in modo particolare nei confronti dei soggetti che meritano tutela specifica, a cominciare dai giornalisti. Tutti hanno constatato che vi è stata una stretta rispetto al periodo precedente”, ha dichiarato il sottosegretario.

Graphite e la sorveglianza su giornalisti e attivisti

Il primo nodo riguarda l’utilizzo del software di sorveglianza Graphite, che sarebbe stato impiegato per monitorare sette cittadini italiani, tra cui il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e l’attivista Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans. La notizia ha suscitato scalpore, soprattutto dopo che The Guardian ha riportato che la società Paragon avrebbe interrotto la collaborazione con l’Italia in seguito allo scandalo.

Il governo, tuttavia, smentisce questa ricostruzione: il ministro Luca Ciriani, intervenuto in Parlamento, ha dichiarato che “nessuno ha rescisso alcun contratto nei confronti dell’intelligence” e ha difeso l’utilizzo delle tecnologie di sorveglianza, sottolineando che ogni attività è svolta nel pieno rispetto della legge: “I servizi spiano avvalendosi dei più efficaci dispositivi sul mercato” e lo fanno “nel modo più rigoroso la Costituzione e le leggi”.

Resta quindi un grande punto interrogativo: chi ha spiato i giornalisti e gli attivisti? Questa è la domanda sollevata anche da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha chiesto chiarezza sulle responsabilità: “Se non sono stati i servizi chi ha spiato Cancellato?”. La replica di Mantovano è stata netta: se ci sono stati abusi, si tratta di reati e sarà la magistratura a indagare. “È materia di autorità giudiziaria, perché sono stati commessi dei reati. Attendiamo questi esiti. Noi abbiamo fatto i nostri accertamenti, lato intelligence”, ha affermato.

Il caso Almasri e le accuse di spionaggio in Libia

L’altra questione amara riguarda il generale Giovanni Caravelli, direttore dell’Agenzia di intelligence esterna (Aise), accusato da Il Foglio e L’Unità di aver passato informazioni riservate alla Libia riguardo a cittadini ricercati dalla Corte penale internazionale. Secondo queste ricostruzioni, Caravelli si sarebbe recato a Tripoli lo scorso 28 gennaio per informare le autorità locali su persone da arrestare. Anche in questo caso, Mantovano, con l’obiettivo di tutelare la reputazione dell’intelligence, ha respinto con forza ogni accusa e ha annunciato che i Servizi segreti intraprenderanno azioni legali contro i quotidiani che hanno diffuso queste informazioni. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) ha infatti comunicato di voler avviare “azioni legali” contro le testate giornalistiche “per difendere l’onorabilità del personale dei Servizi ed evitare strumentalizzazioni sulle attività dell’intelligence”.

Mantovano ha poi commentato duramente la vicenda, affermando che “in Libia la situazione è complessa e si valutano le ricadute” e definendo “un’anomalia che la libertà di informazione possa trasformarsi in calunnia”. Per questo motivo, ha ribadito che i Servizi hanno fatto bene a procedere con le querele: “Se si accusa un uomo dell’intelligence di fare spionaggio in favore della Libia su attività della Corte penale internazionale lo si accusa di un reato”.

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Oltre a difendere l’operato dell’intelligence, Mantovano ha aperto alla possibilità di aggiornare la normativa sui Servizi segreti, dichiarando la “disponibilità assoluta” a valutare nuove proposte: in particolare, ha fatto riferimento a un’iniziativa avanzata nei mesi scorsi dal presidente del Copasir, Lorenzo Guerini (Pd), ritenendola un punto di partenza: “Ovviamente attendiamo le iniziative parlamentari” e “la proposta avanzata nei mesi scorsi dal presidente del Copasir Lorenzo Guerini ha certamente degli spunti interessanti”, ha detto.





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