Brescia, sperimentazione riforma della disabilità negativa

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Un mese di sperimentazione della riforma della disabilità e il risultato è fallimentare. Ma, soprattutto, preoccupante: la maggioranza di persone fragili, non autosufficienti e malate non riesce nemmeno a inoltrare la domanda per il riconoscimento del diritto e quindi non può accedere alle agevolazioni. Insomma invece di allargare i diritti la sperimentazione li riduce e li nega.

La sperimentazione a Brescia

È quel che accade a Brescia, una delle nove città che dal 1° gennaio sperimentano la riforma voluta strenuamente dalla ministra Alessandra Locatelli, che non solo ha voluto la riforma ma ha preteso che la sperimentazione partisse senza però che fossero stati emanati tutti i decreti attuativi previsti, e – soprattutto – senza aver adeguato le risorse necessarie alla sperimentazione.

E così tutto si scarica sugli operatori e le operatrici dei patronati, e sui medici e le mediche di medicina generali già troppo pochi per assolvere ai loro compiti, figuriamoci se gravati da nuove incombenze burocratiche. Così come troppo pochi erano già prima della sperimentazione – e figuriamoci ora – i medici legali dell’Inps che si trovano soli a dover esaminare le richieste ed effettuare le visite, mentre prima se ne occupavano anche le Aziende socio sanitarie territoriali.

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Un bilancio negativo

Lo scorso 7 febbraio si sono seduti attorno a un tavolo Cgil Cisl e Uil della Lombardia e di Brescia, esponenti dell’assessorato regionale alla salute e al welfare, dell’Inps, dell’Ats, dell’Inail, delle organizzazioni dei medici per fare il punto sul primo mese di sperimentazione. Il bilancio non solo è negativo ma suscita allarme e preoccupazione. Si legge in una nota unitaria di Cgil Cisl e Uil: “A distanza di un mese dall’avvio, nella provincia di Brescia si registra un crollo delle domande, basti pensare che nell’anno 2024 sono state presentate circa 30.000 richieste di riconoscimento di invalidità civile, approssimativamente 2.500 al mese, il dato registrato nel mese di gennaio 2025 è di solo 400 istanze”.

Le ragioni di una sconfitta

Si tratta certamente di una sconfitta per i 2.100 uomini e donne fragili che non sono nemmeno riusciti a inoltrare la domanda di invalidità. Tra questi ci sono anche molti malati oncologici che per legge hanno diritto all’esame della domanda e al riconoscimento dell’invalidità entro 15 giorni dalla presentazione della stessa. Ma se la domanda non riesce nemmeno a partire e ad arrivare all’Inps? Altro che 15 giorni, è la cronaca di un diritto negato.

Manica Vangi, segretaria regionale della Cgil Lombardia spiega: “Si è voluto partire frettolosamente con questa sperimentazione senza che fosse messo a punto tutto l’iter, quindi i problemi sono molteplici. Il primo è che la piattaforma telematica funziona male, abbiamo riscontrato problemi nell’invio del certificato. In secondo luogo la piattaforma non dialoga con altre piattaforme esistenti, né con quelle del Servizio sanitario e nemmeno con quelle dell’Inps stesso, rendendo così più complicato il processo”.

Risorse tecnologiche e risorse umane

Senza il certificato del medico di medicina generale la domanda non può essere inoltrata. Ebbene, questo certificato è ora diventato un questionario on line da compilare, con un tempo medio di compilazione di 50-60 minuti. I medici di medicina generale sono già notevolmente sotto organico e ne andranno in pensione oltre 11mila nei prossimi due anni! E poi mancano i medici legali dell’Inps, quelli che devono valutare domande e cittadini e cittadine fragili. E così, si legge ancora nella nota unitaria delle organizzazioni sindacale, “il rischio concreto è di un allungamento del tempo medio per il completamento dell’istruttoria valutativa. Questo aspetto sta colpendo in particolare utenti con patologie oncologiche, per i quali la normativa prevede una tempistica di valutazione rapida, che di fatto non sta venendo rispettata”.

Si doveva sperimentare meglio

A dire come si sarebbe dovuto e potuto fare è ancora la segretaria regionale della Cgil Lombardia: “Il problema è proprio questo, si è voluti partire senza mettere a regime non solo lo strumento informatico, ma soprattutto senza colmare l’assenza di figure professionali necessarie a dar gambe a questa riforma, la ricaduta ahimè è ovviamente sulle persone più fragili”. 

Aggiunge Vangi: “Sarebbe stato utile e soprattutto di buon senso che proprio durante la fase di sperimentazione si potessero far coesistere parallelamente il vecchio e il nuovo procedimento, sia per evitare discriminazioni tra cittadini e cittadine che riescono a inoltrate la domanda e tutti gli altri che per le difficoltà che ti ho detto non ci riescono. Ma poi anche per evitare la discriminazione tra quanti abitano in un Comune della provincia di Brescia e quelli che hanno la fortuna di abitare a due chilometri di distanza ma in un’altra provincia lombarda”.

Le preoccupazioni di Cgil Cisl e Uil

Sono davvero molte e grandi, si legge ancora nella nota unitaria le preoccupazioni dei sindacati: “La semplificazione procedurale annunciata si sta traducendo in un danno per le famiglie. Per di più il significativo ridimensionamento del ruolo dei patronati nella fase iniziale di presentazione della domanda, impatta sui soggetti più disagiati e bisognosi di supporto per orientarsi, come le persone anziane. Lo stesso Ordine dei medici di Brescia ha confermato il proprio impegno, ma anche la necessità di adottare strategie per superare le numerose problematiche tecnicogestionali. Tuttavia, è evidente che non possono essere lasciati soli ad affrontare queste problematiche, in quanto le risposte devono essere strutturali e non temporanee. Serve un intervento a livello regionale e nazionale per garantire una soluzione duratura ed efficace”.

Il futuro dei diritti

La riforma della disabilità rischia di trasformarsi così in una lotteria dei diritti: chi riesce ad ottenerli e chi no. È da paese democratico? È rispettoso della Costituzione? Sicuramente no. Il tavolo dello scorso 7 febbraio, ci dice la dirigente sindacale, si è concluso con una richiesta precisa: “Abbiamo chiesto alla Regione Lombardia di attivarsi con il ministero per le Disabilità per fare in modo che i diritti delle persone vengano garantiti”.

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E se le piattaforme e le procedure informatiche possono essere corrette e aggiustate (ci vuole ovviamente la volontà politica e l’umiltà di ascoltare consigli per farlo) adeguare gli organici di medici di medicina generale e di medici legali e di personale dedicato dell’Inps è cosa assai più complessa. È urgente quindi lanciare una grande piano di assunzioni nella sanità pubblica e nell’Inps.

E visto che la riforma dal 1° gennaio 2026 deve – è questa la volontà della ministra – entrare in vigore in tutto il Paese dal 1° gennaio 2026 la campagna di reclutamento di medici e personale amministrativo deve partire subito. Peccato però che nella legge di bilancio non c’è nemmeno un euro per le assunzioni.



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