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Le dichiarazioni di Trump rimarcano la centralità delle risorse energetiche, facendo assumere un ruolo sempre più precipuo a Paesi come il Kazakistan.
Salito alla Casa Bianca come 47° Presidente degli Stati Uniti lo scorso gennaio, Donald Trump non ha perso tempo per far parlare di sé per via delle sue dichiarazioni di politica estera. Tra le tante, vi è quella relativa alla volontà dello stesso tycoon di comprare la Groenlandia dal Regno di Danimarca e di annettere il Canada come 51° Stato degli USA.
Ma cosa si cela dietro a questa eventuale annessione agli Stati Uniti? Una possibile risposta potrebbe essere individuata in primis nella loro posizione geografica, ritenuta strategica per la nuova rotta artica. Sia Canada che Groenlandia si affacciano su quello che, a causa dello scioglimento dei ghiacci, potrebbe diventare un vero e proprio nuovo oceano, capace di garantire nuove rotte commerciali. Questa nuova proiezione di Washington verso l’Artico garantirebbe, grazie anche ai territori dell’alaska, una solida presenza nelle acque artiche, fungendo anche da contrappeso all’altro grande attore internazionale che si presta a ricoprire un ruolo centrale in questa regione: la Russia.
Altra considerazione va poi fatta per quanto concerne le risorse naturali rimaste precluse per via della calotta artica. La Groenlandia, infatti, risulta essere una vera e propria miniera d’oro, sia per quanto concerne il settore energetico, tant’è che si stima ci possano essere il 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di gas, che per le terre rare, funzionali alla produzione di batterie, al settore della Difesa e al campo aerospaziale sempre per la produzione di satelliti e radar.
Sotto questo aspetto anche lo stesso Canada presenta delle importanti opportunità. Ad oggi il Paese nordamericano è il quarto produttore di gas naturale al mondo, il terzo detentore di riserve petrolifere dopo Arabia Saudita e Venezuela ed è il secondo produttore al mondo di uranio, con cifre che si aggirano intorno al 15% della produzione mondiale. In termini quantitativi però i numeri canadesi rappresentano quasi una cifra irrisoria se paragonati al principale produttore al mondo di uranio: il Kazakistan. Infatti, nonostante sia l’Australia il paese con più riserve di uranio a livello mondiale, l’ex Repubblica sovietica conta ad oggi quasi il 45% della produzione globale.
All’uranio dobbiamo poi aggiungere anche le vaste riserve di cromo, zinco, manganese, ferro e oro, oltre al fatto che il Kazakistan risulta essere il decimo produttore al mondo di carbone, undicesimo per giacimenti di petrolio e quattordicesimo per gas. Questi dati, se letti unitamente alle considerazioni di carattere geografico per via della posizione di ponte tra il Medio Oriente e i due giganti Russia e Cina, ci suggeriscono per Astana una posizione piuttosto strategica sotto il profilo geopolitico.
E non è quindi un caso se dopo la dissoluzione dell’urss lo stesso Kazakistan abbia assunto nelle relazioni internazionali una politica estera multivettoriale, caratterizzata da un lato dal legame preferenziale – anche per ovvie ragioni storiche – con Mosca, con la quale condivide la membership all’unione Economica Eurasiatica per favorire l’integrazione economica nello spazio ex sovietico, e dall’altro da rilevanti rapporti con gli USA, Cina, Turchia, Iran, Paesi del Golfo nonché da un Accordo di Cooperazione e Partenariato rafforzato con l’Unione Europea.
A livello commerciale, ad esempio, Roma rappresenta uno dei principali partner economici per Astana, con l’Italia che si colloca al primo posto come Paese di destinazione dell’export kazako e al terzo per l’interscambio commerciale grazie ai flussi di petrolio estratti dal gruppo Eni operante sulle sponde del Mar Caspio dal 1992.
Tornando invece all’uranio, la sua versatilità lo rende un metallo prezioso sia per applicazioni civili che militari. Essenziale per il funzionamento delle centrali nucleari e per la produzione energetica, l’uranio trova applicazione nel settore militare, sia per quanto concerne le armi nucleari che per le munizioni perforanti all’uranio impoverito, nel campo della propulsione nucleare per alimentare i reattori dei sottomarini o delle portaerei, nel settore medico per la produzione di isotopi funzionali a determinati trattamenti medici nonché nell’industria e nella ricerca, specialmente per quanto riguarda l’energia sostenibile.
Detto questo dobbiamo però fare un’ulteriore osservazione sulla qualità dell’uranio estratto. Se a livello quantitativo il rapporto tra Kazakistan e Canada è praticamente di 3:1, lo stesso non si può dire sulla qualità del metallo.
In natura l’unico uranio in grado di sostenere una fissione nucleare è costituito dall’isotopo U-235, dato dalla massa atomica formata da 92 protoni e 143 neutroni. Tuttavia, quando l’uranio viene estratto generalmente ha un livello di concentrazione di U-235 di circa del 1%, un livello troppo basso per sostenere una reazione a catena. Ne consegue quindi la necessità di dover aumentare la concentrazione di U-235 attraverso un processo di arricchimento dell’uranio estratto, arrivando a una percentuale di almeno del 3% per il funzionamento di un reattore nucleare, mentre con una concentrazione di U-235 oltre del 80% l’uranio viene utilizzato per scopi militari, come nel caso della bomba atomica. La differenza tra l’uranio estratto in Kazakistan e quello in Canada risiede proprio nella percentuale di concentrazione di U-235. Infatti, mentre quello kazako ha delle percentuali in linea con la media mondiale, quello canadese ha una concentrazione dalle 10 alle 100 volte superiore.
Possibili Implicazioni
A fronte di quanto scritto sull’uranio e le altre riserve naturali presenti in Groenlandia e Canada, le dichiarazioni del nuovo Presidente statunitense assumono un valore decisamente importante.
Infatti, qualora si avverassero i desideri di Trump, gli Stati Uniti riuscirebbero a mettere le mani su un cospicuo bottino di risorse energetiche in grado di dare nuova vitalità al peso di Washington nelle relazioni internazionali. Questo però potrebbe avere come conseguenza la necessità da parte di altri attori di dover trovare una risposta in grado di controbilanciare la mossa del tycoon.
Un Paese ricco di materie prime come il Kazakistan rappresenterebbe in tal senso una pedina fondamentale, con la prossimità di Mosca e Pechino a giocare un ruolo determinante. A questo punto però sarebbe anche interessante capire in che modo questi due grandi attori potrebbero muoversi per far fronte alla propria sicurezza energetica.
Russia
La storia recente russa ci insegna che il Cremlino, contro eventuali minacce alla propria sicurezza nazionale, rientra sicuramente tra quei Paesi pronti a intervenire direttamente con mezzi militari sul territorio interessato. Lo stesso intervento in Ucraina, che tra l’altro gode dei giacimenti d’uranio più grandi d’Europa, ne è un esempio calzante.
La mappa riportata in seguito ci suggerisce come le zone di interesse russo siano anche le stesse con una maggiore concentrazione di risorse energetiche e minerali, tra cui gas e petrolio, di cui l’Ucraina è il quarto per riserve in Europa, ferro e carbone.
Tuttavia, come già detto in precedenza, Mosca gode di un rapporto piuttosto privilegiato con Astana, un rapporto consolidato tra passato e presente in virtù dell’appartenenza al blocco sovietico e dall’ Unione Economica Eurasiatica. Oltretutto, se consideriamo l’attuale impegno militare in Ucraina è difficile immaginarsi l’apertura di un ulteriore fronte da parte del Cremlino, a maggior ragione in Kazakistan. Quello che però possiamo immaginarci potrebbe essere sicuramente una maggiore presenza russa attraverso accordi bilaterali e commerciali, investimenti in infrastrutture e nella tecnologia nucleare kazaka.
Cina
Per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese (RPC) sappiamo che negli ultimi anni si è mossa notevolmente per far fronte al proprio fabbisogno energetico nazionale, motivo per cui ritroviamo investimenti cinesi nel settore dal Medio Oriente all’africa, fino al Sud America.
A differenza della Russia però, la Cina non sembra ancora aver optato per un’azione militare diretta, privilegiando piuttosto l’arma della diplomazia e del soft power, come dimostrato dalla Belt and Road Initiative (BRI) lanciata nel 2013 da Xi Jinping.
Lo stesso Kazakistan grazie alla sua ubicazione geografica strategica ricopre una posizione logistica di primo piano nel progetto della Nuova Via della Seta cinese, come constatato dalla costruzione del porto di scambio di Khorgos situato al confine tra i due Paesi e funzionale al trasporto delle merci dall’estremo Oriente fino al cuore dell’europa.
Inoltre, Pechino ha storicamente contemplato interventi militari solo per questioni inerenti alla propria integrità territoriale, come nel caso della Guerra di Corea o per gli scontri di confine contro India e Russia.
Questo perché la RPC si è da sempre fatta portatrice del rispetto dei Cinque Principi della Coesistenza Pacifica, motivo per cui è difficile immaginarsi un intervento militare della RPC contro un partner così importante come Astana.
Anche in questo, quindi, una maggiore presenza cinese sul territorio kazako potrebbe sicuramente tradursi in politiche di soft power attraverso investimenti e accordi di carattere diplomatico con nuove aperture commerciali.
Scenari Previsionali
Le dichiarazioni di Trump su Canada e Groenlandia qualora trovassero un riscontro pratico potrebbero tradursi in una legittimazione a livello internazionale della classica legge del più forte, dove il pesce più grande mangia quello più piccolo.
Di fatto se gli USA riuscissero nel proprio intento assesterebbero un duro colpo nei confronti del diritto internazionale e della sicurezza globale, con altri Paesi che si sentirebbero così legittimati a seguire lo stesso modus operandi attuato da Washington.
Con riguardo a un paese così ricco di risorse naturali come il Kazakistan c’è quindi da capire come gli eventuali sviluppi futuri sul fronte energetico e delle rinnovabili determineranno i reali bisogni nazionali dei due grandi vicini di Astana, ossia Russia e RPC. Sicuramente, un tassello fondamentale su queste considerazioni sarà giocato perciò dagli esiti del conflitto in Ucraina e dalla riuscita della Nuova Via della Seta.
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