Amsterdam, tutti i progetti per rendere la città un modello di sostenibilità

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Infatti, questa pratica incentiva lo sviluppo di piccole comunità che avranno energia pulita a basso costo e gli studenti coinvolti potranno fare pratica e inserire nel curriculum una prima (o nuova) esperienza professionale.

Circolarità di pannelli solari e pale eoliche

Uno dei grandi temi della transizione ambientale è lo smaltimento dei tools della rivoluzione green: in primis i pannelli solari a fine vita, ma lo stesso vale per le grandi e piccole pale eoliche, usatissime in una città che dal vento da secoli trae energia. “Da noi – segue la Huizing – sono strumenti molto usati, ma dopo un ampio uso si accumulano come rifiuti. Così abbiamo progettato pannelli e pale eoliche circolari, ovvero recuperabili a fine vita. Questo processo aiuta la loro rigenerazione e la condivisione con nuovi utenti, magari meno abbienti rispetto ai primi, che ricevono incentivi economici all’acquisto”.

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Sharing mobility in common

Il car sharing spesso non si può concretamente applicare in alcune aree più degradate della città: il paradosso è che spesso è proprio in questi quartieri che ce ne sarebbe più bisogno. Non succede perché in queste aree il parco macchine subisce danni superiori alla media, oppure la fruizione individuale è molto bassa. Si tratta spesso delle zone in cui i servizi pubblici sono meno presenti. La Huizing spiega quindi l’invenzione della città olandese: lo sharing mobility in common. Si tratta di una condivisione tra persone del quartiere o del vicinato, attraverso una convenzione della città con gli operatori privati che fissa un numero preciso di macchine necessarie in un’area sulla base della richiesta dei cittadini: così anche loro vigilano sulla tutela di questi beni condivisi: una pratica che supporta l’evoluzione delle relazioni sociali di prossimità e la tutela degli spazi pubblici.

Edilizia sostenibile: costruire per il futuro

Wired ha già raccontato come Amsterdam abbia recentemente impedito di costruire nuovi alberghi: ne nascerà un altro, solo quando chiude uno già esistente. E come il Mandela Buurt stia diventando il primo quartiere di una città olandese interamente costruito in legno. Secondo questa impostazione, segue la funzionaria, “abbiamo introdotto nella realizzazione di nuovi edifici nel Comune così come nella ristrutturazione di quelli fatiscenti l’obbligo di impiego di materiali edili biobased. Così costruiamo edifici per il futuro e non perché debbano essere rinnovati tra qualche anno”.

Combattere la gentrificazione

Prezzi sempre più alti per le case del centro: un’onda che sta interessando anche le aree limitrofe. E’ la gentrificazione, sbarcata anche ad Amsterdam da diversi anni. La città olandese ha pensato a come reagire: “Chi presenta in città grandi progetti immobiliari deve dedicare almeno il 30% dell’area interessata al social housing. Così cerchiamo di promuovere una migliore interazione sociale”, chiude la Huizing. Perché la diversificazione sociale in una grande città è tutela della biodiversità urbana anche a livello umano: l’identità collettiva, ad Amsterdam, è preservata come patrimonio culturale e valore sociale.

Resilienza: dalle isole di calore all’innalzamento del mare

Piogge in aumento in una città sotto il livello del mare? Ecco cosa si è inventata Amsterdam. Tramite il progetto Resilio sono stati riconvertiti le superfici superiori delle case in tetti blu-verdi intelligenti per riutilizzare l’acqua piovana e prevenire le inondazioni locali. “Quando c’è molta pioggia – segue Huizing – i tetti catturano e immagazzinano l’acqua, mentre quando fa caldo le piante catturano il calore: due azioni utili inoltre ad incrementare la biodiversità locale. Ora lo facciamo anche con il suolo nei campi sportivi, che così immagazzinano acqua piovana e catturano calore”. Sono stati poi preparati scenari di evacuazione per singoli quartieri, così da tutelare da inondazioni soprattutto strutture nevralgiche come gli ospedali. Inoltre, per affrontare le estati sempre più torride “abbiamo mappato la città per creare zone d’ombra, soprattutto nei quartieri più poveri dove magari non ci sono spot di resilienza climatica”.

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