Il cuore di Ischia approda in Africa – Il Golfo 24

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Una storia da raccontare, e da vivere. Parliamo di don Giuseppe Nicolella che dopo aver raccolto fondi attraverso i fedeli si è recato in Africa per un’opera decisamente meritoria, quella cioè legata alla costruzione di una sala chirurgica nel Burkina Faso, paese poverissimo. In questa intervista racconta a Il Golfo la sua esperienza e soprattutto le sue intime sensazioni ed emozioni.

La sua missione di solidarietà è profondamente significativa, e vorremmo che ce la raccontasse dall’inizio: come nasce questa raccolta fondi attraverso i fedeli e come si è sviluppato questo meraviglioso progetto che avete portato a compimento?

«Innanzitutto, il nostro impegno ci ha portato ben oltre il mare, fino in Africa, precisamente in Burkina Faso, nella capitale Ouagadougou, presso il CANDAF, un centro medico gestito dai Camilliani. Mi trovo tuttora qui insieme agli amici Vincenzo e Luciano. L’idea affonda le sue radici molti anni fa, grazie a Luciano, che da sempre è stato attivo nel campo delle missioni. Nel corso degli anni ha stretto relazioni significative e ha offerto il suo aiuto in diverse parti del mondo: inizialmente in Brasile, collaborando con padre Benito nelle favelas, poi in India, e infine in Africa. Luciano è un fedele della parrocchia di Sant’Antonio Abate e quando sono stato assegnato a quella comunità, ho avuto il piacere di ritrovarlo, dato che in precedenza ci eravamo incontrati nella parrocchia di Schiappone, dove avevo svolto il mio servizio da diacono per un anno con Don Massimino. Dopo un po’ di tempo in parrocchia, gli ho chiesto: “Che ne dici, mi dai una mano nel campo della pastorale missionaria?” Lui ha accettato con entusiasmo, e devo dire che, paradossalmente, si sono invertiti i ruoli: è stato lui a diventare il motore trainante, mentre io il vagone che si è lasciato trascinare dalla sua energia, dalle sue conoscenze e dalla sua creatività nell’organizzare iniziative. Ci siamo trovati davanti a una vasta gamma di possibilità per destinare le offerte dei fedeli alle missioni e, dopo una riflessione approfondita, abbiamo deciso di concentrarci sul Burkina Faso, quasi come se fosse una nostra adozione spirituale».

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Perché proprio il Burkina Faso?

«Perché, secondo i dati ufficiali e le statistiche delle organizzazioni internazionali, è una delle quattro nazioni più povere al mondo. Inoltre, avevamo la certezza che il nostro aiuto sarebbe arrivato interamente a destinazione, grazie ai Camilliani, che operano sul posto con grande trasparenza e dedizione. Nel corso degli anni abbiamo sostenuto numerose iniziative: adozioni a distanza per i bambini, supporto economico per famiglie in difficoltà, aiuti ai centri medici per interventi di chirurgia oculare, dato che la cecità qui è una vera emergenza sociale. Abbiamo inoltre sostenuto villaggi di lebbrosi, garantendo loro cure e aiuti per il sostentamento delle famiglie. Purtroppo, la lebbra è ancora presente e abbiamo avuto modo di visitare alcuni di questi villaggi di persona. Un’altra iniziativa riguarda il villaggio delle vedove: da noi, le vedove sono sempre state considerate meritevoli di tutela e assistenza, già dai tempi del popolo di Israele; nel mondo cristiano, i più deboli devono essere protetti. Qui, invece, molte vedove vengono uccise o, nel migliore dei casi, abbandonate a se stesse, costrette a sopravvivere in condizioni disumane. Abbiamo cercato di offrire loro un aiuto concreto. Inoltre, ci siamo impegnati a fornire attrezzature e medicinali ai centri medici della zona. E poi…».

E poi?

«Lo scorso anno è arrivata una richiesta particolare: i Camilliani del CANDAF volevano costruire una sala chirurgica d’urgenza, in particolare per i parti cesarei, ma anche per altri interventi chirurgici che richiedono immediata assistenza, come operazioni di appendicite. Fino a quel momento non esisteva una sala attrezzata per la chirurgia d’urgenza. Il costo del progetto si aggirava intorno ai 30 mila euro. Con il gruppo di missionari della parrocchia ci siamo detti: “Perché non organizziamo una serie di iniziative di sensibilizzazione per raccogliere questi fondi?” Contemporaneamente, è nata un’altra idea: essendo nell’anno giubilare, invece di scegliere Roma come meta principale per il nostro pellegrinaggio, abbiamo pensato: “Perché non fare un pellegrinaggio giubilare in Africa?” Abbiamo lanciato l’idea in parrocchia, chiedendo chi fosse interessato a partire, e alla fine siamo rimasti in tre: Luciano, Vincenzo ed io».

Posso chiederle se, vivendo direttamente la realtà africana e in particolare quella del Burkina Faso, ha trovato conferma di ciò che viene raccontato nei reportage o se l’impatto è stato differente?

«Posso dire che tutto ciò che mi era stato raccontato corrispondeva alla realtà. Non erano storie esagerate, ma fatti concreti. Vivere qui è un’esperienza unica e profonda. Ero già stato in Egitto con i Francescani per un’altra missione con Luciano, ma il Burkina Faso è un mondo a parte. Si percepisce chiaramente la povertà materiale, ma si sente anche la grandezza d’animo della gente, il loro desiderio di riscatto e la loro gentilezza. Abbiamo portato un primo contributo per la sala parto e siamo stati accolti con un entusiasmo commovente. Dopo pochi giorni dal nostro arrivo, ci è stato chiesto di partecipare alla cerimonia per la posa della prima pietra della sala operatoria. Qui le cose si fanno con rapidità, senza la burocrazia che spesso rallenta i progetti in Italia. La cerimonia è stata emozionante e toccante: una vera testimonianza di come la solidarietà possa dare vita a opere concrete».

Quali saranno le prossime iniziative di solidarietà?

«Oltre a completare la sala operatoria, è fondamentale garantire continuità alle iniziative già avviate: il sostegno ai bambini che frequentano la scuola, il mantenimento delle famiglie adottate a distanza, il supporto ai centri medici. Inoltre, stiamo valutando nuovi progetti: garantire assistenza alle donne in gravidanza, dato che l’intero percorso, dagli esami prenatali fino al parto e alle cure post-partum, costa solo 80 euro, una cifra irrisoria per noi, ma proibitiva per molte donne locali. Un altro progetto riguarda i bambini colpiti dalla lebbra: esiste una terapia antibiotica annuale che costa circa 900 euro e che potrebbe fare la differenza nella loro vita».

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Dopo questa esperienza, qual è l’insegnamento più grande che porterà con sé e che vorrà trasmettere ai fedeli?

«Questo viaggio è stato una vera palestra di umanità e di fede. Abbiamo visto bambini gioire per una semplice caramella, famiglie condividere quel poco che avevano con una generosità straordinaria. Ho partecipato a una messa presieduta dal Cardinale Parolin, con quasi un milione di fedeli riuniti sotto il sole, per ore, in preghiera e in silenzio. Qui la Chiesa è viva e operante, un faro di speranza per i più poveri. È un’esperienza che va raccontata e condivisa, affinché possa ispirare anche altri a tendere la mano verso chi ha bisogno».





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