Dalla pena di morte allo stop agli aiuti all’estero: le prime mosse di Trump

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Trascorse appena 24 ore dall’insediamento, Donald Trump procede dritto verso i temi chiave di questa sua seconda presidenza a suon di ordini esecutivi.

Uno degli ordini esecutivi della batteria di provvedimenti firmati riguarda la sospensione per 90 giorni di tutti i programmi di assistenza estera degli Stati Uniti. Non è ancora chiaro cosa verrà bloccato, poiché una buona parte di questi fondi sono già stati stanziati dal Congresso e potrebbero essere già stati spesi oppure potrebbe essere obbligatorio spenderli. L’ordine afferma che “l’industria e la burocrazia degli aiuti esteri non sono allineate con gli interessi americani e in molti casi sono antitetiche ai valori americani” e “contribuiscono a destabilizzare la pace mondiale promuovendo idee in paesi stranieri che sono direttamente contrarie a relazioni armoniose e stabili all’interno e tra i paesi.”

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Per questa ragione, il presidente appena insediatosi ha scelto la linea dell‘interesse nazionale puro: nessuna ulteriore assistenza estera verrà erogata in un modo che non sia pienamente allineato con la politica estera americana. A Marco Rubio l’ingrato compito di determinare se e dove debba essere spesa l’assistenza estera. Il suo criterio per diradare le nebbie sull’argomento: chiedersi se il finaziamento, di volta in volta, renda “l’America più sicura? Più forte? Più prospera?”. Il senatore democratico Chris Coons, del Delaware, ha dichiarato di essere particolarmente preoccupatocirca il congelamento degli aiuti esteri e ha avvertito che questa mossa potrebbe mettere in pericolo l’Ucraina alle prese con l’inverno. “Significa che abbandoneremo la Giordania, che è un alleato fondamentale e un mare di stabilità in un’intera area piena di conflitti? Significa che ci tireremo indietro dal finanziare il Programma Alimentare Mondiale o l’UNICEF?” ha continuato.

L’altro ordine esecutivo che farà certamente discutere si inserisce nell’alveo delle tradizionali moral issues americane: la pena di morte. Trump ha chiesto agli attorney general di adottare “tutte le misure necessarie e legittime” per garantire che i diversi Statiabbiano scorte sufficienti di farmaci per le iniezioni letali legate alle condanne a morte. Trump chiede che la pena di morte sia invocata quanto il caso riguarda l’uccisione di un agente o altri reati capitali “commessi da un immigrato presente nel Paese illegalmente“. Questo passo costringe il dipartimento della Giustizia a chiedere la pena di morte in casi federali oltre a contribuire a mantenere la pena capitale negli Stati che hanno arrancato nel procurarsi le quantità adeguate dei farmaci necessari per attuarla.

Nel 2021 l’allora Attorney General Merrick Garland aveva introdotto una moratoria a livello federale. Al momento solo tre persone rimangono nel braccio della morte federale dopo che Joe Biden ha commutato in ergastolo le condanne alla pena capitale di 37 carcerati. Prima di lasciare l’incarico, Garland aveva anche ritirato il protocollo del dipartimento della Giustizia per le esecuzioni federali che consentiva le esecuzioni con una singola dose di Pentobarbital dopo che erano emersi, secondo uno studio commissionato dal governo, “possibili sofferenza e dolore non necessari” dovute all’impiego solo di questo farmaco.

Sul fronte migratorio, Trump ha scelto di mettere mano all’annosa questione del confine meridionale chiudendolo di fatto. Lo stato di emergenza consentirebbe al dipartimento della Difesa di schierare l’Esercito e la Guardia Nazionale al confine. Le prime mosse sono dirette verso tre direzioni: la fine dello ius soli; la sospensione del reinsediamento dei rifugiati per almeno quattro mesi; l’ordine presso il procuratore generale di richiedere la pena di morte per l’omicidio di ufficiali delle forze dell’ordine e per i reati capitali commessi da immigrati clandestini.

Per tutta risposta, gli Stati e le città americane democratiche lanciano la loro prima azione legale contro l’amministrazione Trump per cercare di bloccare il decreto, prevedendo che ai bambini nati negli Stati Uniti da immigrati illegali nel Paese o senza un visto non permanente non sia concessa automaticamente la cittadinanza. Nell’azione legale gli stati democratici affermano che l’abolizione dello ius soli viola la costituzione e le leggi sull’immigrazione.



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