Le commercialiste guadagnano la metà dei colleghi

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Che si tratti di volume d’affari o di reddito netto, negli ultimi dieci anni il fatturato delle commercialiste donne si è sempre mantenuto attorno alla metà dei loro colleghi uomini. Il dato, già contenuto nelle statistiche reddituali elaborate da Casse di previdenza e FNC, è stato ulteriormente confermato dal Bilancio di genere redatto dal Comitato Pari Opportunità del Consiglio nazionale di categoria, pubblicato ufficialmente ieri.

Nell’ultimo anno per il quale sono disponibili i numeri, ossia il 2023 (dichiarazioni 2024), il volume d’affari femminile è stato il 53,08% di quello maschile (85.671 euro contro 161.394), con un Gender Pay Gap pari a 46,9%, mentre il reddito netto delle donne si è attestato sul 57,72% di quello maschile (49.131 contro 85.120), con un Gender Pay Gap pari a 42,3%.

La differenza maggiore si trova tra gli iscritti che fanno parte della generazione X (nati tra il 1965 e il 1980, che nel 2024 avevano tra i 44 e i 59 anni). In questa fascia d’età le donne fatturano, in media, il 46% di quello che fatturano gli uomini. Il grafico presente nel documento mostra come il Gender Pay Gap aumenti con l’aumentare dell’età, per poi ridursi fra gli iscritti più anziani.

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“Un altro aspetto che balza agli occhi – scrive il CNPO – è che il gap si manifesta maggiormente dove il fatturato maschile cresce (nelle generazioni centrali). In un certo senso è come se la componente femminile non riuscisse a fatturare oltre una certa soglia, per cui quando la fatturazione della componente maschile cresce, quella femminile non riesce a seguirla, per questa ragione il differenziale aumenta nelle generazioni centrali, ossia negli anni in cui il fatturato di un professionista cresce significativamente”.

Per capire le possibili cause di questa differenza CNPO e FNC hanno predisposto un questionario, analizzandone poi i risultati. Stando alle risposte fornite dagli iscritti, il gap potrebbe essere spiegato, almeno in parte, dal fatto che le donne ricoprono in misura maggiore ruoli non apicali rispetto agli uomini e dalla differente struttura della specializzazione professionale in relazione al genere, che vede le donne avere una propensione più elevata per attività meno specialistiche.

Tali ipotesi andranno approfondite nei prossimi anni, scrive il CNPO, che però aggiunge un’ulteriore possibile causa del Gender Pay Gap: la penalità di maternità. Si tratta di quel fenomeno per il quale il fatturato (o il reddito) della componente femminile subisce degli arresti nella crescita rispetto a quello maschile, dopo la nascita del primo figlio e nella decade successiva. Dopo l’evento, infatti, le madri dedicano meno ore al lavoro rispetto ai padri e questo, in età cruciali per lo sviluppo della propria attività professionale, può avere come conseguenza una minor creazione di clienti molto lucrativi, una minor probabilità di raggiungere ruoli apicali e minor probabilità di ottenere incarichi, anche in anni successivi.

Il documento diffuso ieri fornisce i numeri anche sul totale degli iscritti divisi per genere e sulla presenza femminile all’interno della cariche istituzionali di categoria. Nel 2023, l’albo era formato per il 33,9% da donne e per il 66,1% da uomini. La Regione con il maggior numero di iscritti maschi è stata la Campania (73% uomini e 27% donne), mentre quella che ha registrato il maggior numero di donne è stata l’Emilia-Romagna (42% rispetto al 58% degli uomini). Tuttavia, il trend degli ultimi dieci anni mostra un lieve ma costante incremento della quota femminile: si è passati, infatti, dal 31,1% del 2012 al 33,9% del 2023.

Quanto, invece, ai ruoli di rappresentanza, la presenza femminile è garantita dal regolamento elettorale che impone di inserire almeno i 2/5 di donne all’interno delle liste. Non a caso, all’interno del Consiglio nazionale ci sono 8 donne (38%) e anche a livello locale la percentuale (39%) è pressoché la stessa.

Se, invece, si parla di ruoli apicali, la differenza tra Presidenti uomini e donne è netta. Ad oggi, infatti, su 132 Ordini ci sono solo 19 donne Presidenti e in 9 Regioni non c’è alcuna Presidente donna. A guidare la classifica il Veneto, dove ci sono 5 delle 19 donne Presidenti di tutto il territorio nazionale.



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