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il bluff del governo a corto di soldi #finsubito prestito immediato


Il governo scrive alle partite Iva per convincerle ad aderire all’accordo. Ma la minaccia di nuovi controlli non funziona perché le verifiche restano troppo poche

All’ultima mano nella partita a poker con gli evasori fiscali, il governo gioca la carta della disperazione. L’Agenzia delle entrate si prepara a inviare due milioni di lettere alle partite Iva che nei mesi scorsi non hanno aderito al concordato preventivo biennale.

La misura tenuta a battesimo dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo si è fin qui rivelata un flop, a dispetto di incentivi di ogni tipo, compresa una sanatoria sulle imposte evase tra il 2018 e il 2022. Alla scadenza del 31 ottobre circa mezzo milione di contribuenti avevano accettato l’offerta del fisco e il gettito per l’erario non ha superato quota 1,3 miliardi, molto meno rispetto alle attese dell’esecutivo. Anche la proroga al 12 dicembre prossimo del termine ultimo per salire sul carro del concordato rischia di dare risultati men che modesti. Ecco perché adesso il governo, a corto di risorse per mantenere le promesse elettorali, prova a convincere l’esercito dei riluttanti agitando anche lo spettro di controlli mirati sui sospetti evasori.

Nel mirino ci sono le partite Iva con i voti più bassi nelle pagelle Isa (Indice sintetico di affidabilità fiscale), cioè, in sostanza, quelle a più alto rischio di evasione.

Secondo quanto ricostruito dal Sole 24Ore sono quasi un milione i lavoratori autonomi che dichiarano meno di 15 mila euro l’anno, un reddito che in moltissimi casi risulta inferiore ai compensi che questi imprenditori pagano ai propri dipendenti. Una tabella pubblicata dal giornale di Confindustria fissa in circa 900 mila il numero di questi contribuenti che non ha ancora aderito al concordato, mentre sarebbero circa 75 mila quelli che hanno preferito trovare un accordo con l’Agenzia delle entrate sulla base del loro reddito presunto del 2024 e del 2025.

Già questi numeri danno un’idea del sostanziale fallimento del provvedimento sbandierato da Leo come un primo passo verso un sistema «più moderno, fondato sul dialogo e sulla collaborazione preventiva», come ha scritto il viceministro in un suo intervento ospitato venerdì 29 dal Sole 24Ore.

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Con le lettere che verranno inviate presto agli irriducibili, il governo offre ancora una volta la carota del concordato e minaccia di usare il bastone degli accertamenti selettivi per chi si ostina a restare nell’ombra.

Sconti e sanatoria

Va ricordato che oltre alla sanatoria sui redditi evasi tra il 2018 e il 2022, il compromesso proposto dal fisco prevede anche aliquote ridotte sul maggior reddito che viene dichiarato rispetto al passato.

Di fatto, però, l’accordo finisce per essere attraente soprattutto per una categoria di contribuenti. E cioè chi è già sicuro di guadagnare molto di più nel 2024 e nel 2025 rispetto agli anni precedenti.

Queste partite Iva possono quindi cavarsela concordando imposte più basse, poiché fanno riferimento al passato, in confronto a quelle che dovrebbero pagare dichiarando il reddito effettivo di quest’anno e del prossimo.

Questo basta a spiegare perché l’adesione è stata particolarmente ridotta tra i lavoratori autonomi con pagelle Isa basse, cioè quelli a maggior rischio evasione. Ci sono forti dubbi che questi contribuenti si facciano spaventare dai controlli minacciati dal governo. Alle lettere del fisco sono abituati e certo non sarà quest’ultima a convincerli a mettersi in regola. Se non altro perché il rischio di incappare nei controlli del fisco è poco più che nullo. Ecco perché l’ultima carta giocata dal governo assomiglia molto a un bluff.

© Riproduzione riservata



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