Guido Crosetto: «L’Ue deve essere in grado di difendersi. La naja? Un’opzione»

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Sassari La Brigata Sassari? Con l’ultima missione in Libano ha confermato ancora una volta l’eccezionale preparazione e dedizione dei Sassarini. La Sardegna? Strategicamente irrinunciabile, ma il nostro impegno è garantire che questa presenza sia sostenibile e porti benefici concreti. Bonifiche e indennizzi? Vogliamo accelerare questi processi e garantire il dialogo con le comunità locali. La guerra in Ucraina? L’aggressione russa ha messo in discussione i principi fondamentali dell’ordine internazionale. L’America di Trump? Resta il nostro principale alleato, ma l’autonomia strategica europea è indispensabile. E anche per l’Italia potrebbe essere necessario valutare forme integrative di impiego e di uso dei militari, come la riserva selezionata.

Non si nega, come sua consuetudine, a nessuna domanda il ministro della Difesa Guido Crosetto. Men che mai oggi, giorno in cui la Brigata Sassari festeggia in piazza d’Italia il rientro del contingente dalla missione in Libano e il 110° anniversario della fondazione.

Oggi è il giorno della “Brigata Sassari”.

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«Oggi celebriamo non solo la Brigata Sassari, e la sua storia gloriosa e ricca di passione, umanità, coraggio e spirito di sacrificio, ma tutto ciò che essa rappresenta per il Paese. Da 110 anni, questa speciale, e – se mi permette di dirlo – unica, unità dell’Esercito, incarna valori di coraggio, professionalità e spirito di sacrificio. Che sono quelli tipici di ogni soldato italiano che serve la bandiera e il Paese, ma che sono anche, strettamente e indissolubilmente, legati e intrecciati, alla sua terra d’origine», la Sardegna. Vede, e non ho alcuna remora ideologica o politica, nel dirlo, ma se si chiamava “Regno di Sardegna” e rappresentava, come se fosse stata la parte per il tutto, una terra pure importante, da cui provengo, il Piemonte, e non Regno del Piemonte, ebbene, lo si deve al coraggio e all’abnegazione dei sardi. Un legame che ha sempre caratterizzato – perché la Storia vive sempre sulle gambe e nelle menti degli uomini che la rappresentano – l’operato della Brigata Sassari, sia nelle missioni internazionali di pace che nella difesa del Paese».

Nell’ultima missione in Libano, i Sassarini si sono trovati in guerra. Ci sono problemi legati alle regole di ingaggio e alla sicurezza dei nostri militari?

«L’ultima missione in Libano ha confermato ancora una volta l’eccezionale preparazione e dedizione dei Sassarini. Operare in un contesto complesso, con una crisi in evoluzione e attacchi alle basi Unifil, ha richiesto sangue freddo e grande professionalità. La sicurezza dei nostri militari è sempre stata una priorità e, mi creda, un assillo, per me come ministro, ma prima ancora come uomo, e padre di famiglia, e per il Governo. Abbiamo adottato misure per rafforzare la protezione del contingente della Brigata Sassari, come del resto facciamo per tutti i nostri militari impegnati in difficili e rischiose missioni all’estero, e per garantire la gestione tempestiva di ogni possibile scenario, compresa l’attivazione di eventuali, ove fosse mai necessario, piani di evacuazione. La serenità e la sicurezza dei nostri militari è il mio primo pensiero, ogni giorno».

La missione Unifil è ancora sostenibile?

«L’Italia crede fermamente negli sforzi diplomatici e nel ruolo delle organizzazioni internazionali come l’Onu e proprio per questo è fondamentale rafforzare la missione Unifil, rendendola più efficace e credibile anche attraverso nuove regole d’ingaggio e un aggiornamento della risoluzione Onu 1701. Per aiutare Unifil e costruire una pace duratura stiamo anche sostenendo un progetto di assistenza alle forze armate libanesi con il fine di contrastare l’influenza di Hezbollah e garantire stabilità nella regione. Continueremo a lavorare a livello internazionale affinché la diplomazia e il dialogo restino al centro della soluzione dei conflitti».

L’isola ospita il 60% delle servitù militari nazionali. Non è un sacrificio eccessivo?

«La posizione geografica e le infrastrutture della Sardegna la rendono un elemento chiave per la sicurezza nazionale. I poligoni e le basi militari presenti sull’isola permettono alle nostre Forze Armate di addestrarsi in scenari realistici, preparandosi a ogni possibile crisi. Siamo ben consapevoli del peso che la Sardegna sostiene, ma il nostro impegno è garantire che questa presenza sia sostenibile e porti benefici concreti».

Esiste un problema di bonifiche e di indennizzi, come è la situazione e quali sono gli intendimenti del governo?

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«La questione delle bonifiche e degli indennizzi è un tema che affrontiamo con grandissima e severa serietà, rispetto del “genius loci”, tatto e responsabilità. Siamo consapevoli delle esigenze delle comunità locali e della necessità di bilanciare la presenza militare con lo sviluppo del territorio. Negli ultimi anni sono stati avviati interventi di bonifica, sia con risorse già stanziate che ancora da stanziare, e il nostro impegno è accelerare questi processi, garantendo trasparenza e collaborazione con le istituzioni locali. Per quanto riguarda gli indennizzi, il dialogo con la Regione e con le comunità locali per noi è essenziale per individuare soluzioni eque e sostenibili. Il nostro obiettivo è coniugare sicurezza nazionale e valorizzazione del territorio sardo».

L’International Flight Training School di Decimomannu è un modello di eccellenza. La Sardegna può ospitare altre strutture simili?

«L’Ifts è un esempio di collaborazione vincente, un polo di livello internazionale che tutti ci invidiano e che, grazie anche alla collaborazione con industrie locali, e con un player di eccezione, in questo caso come Leonardo, ha portato alla realizzazione di un polo di eccellenza nella formazione dei piloti di jet di 4ª e 5ª generazione, impiegando personale altamente qualificato, per l’80% sardo, portando benessere e ricadute economiche forti a livello locale. Vede, se piloti di tutti il Mondo vogliono provare, e sperimentare, lì, beh, ci sarà pure una ragione. Ne dovremmo essere tutti orgogliosi. La Sardegna non è solo un’area strategica per la Difesa, ma un territorio con le migliori potenzialità per accogliere progetti innovativi. Stiamo investendo in ricerca, tecnologia e infrastrutture. L’isola può diventare un hub di sviluppo non solo militare, ma anche industriale e scientifico».

A Decimomannu sarà operativo uno stormo di F-35. Il Mediterraneo, e quindi la Sardegna, sta diventando sempre più strategico. Questo porterà a una maggiore militarizzazione dell’isola?

«Decimomannu ha sempre avuto un ruolo centrale per l’Aeronautica Militare. L’inserimento degli F-35 prevede investimenti in infrastrutture e capacità logistiche, ma non implica un aumento permanente della presenza militare. Parlare di “militarizzazione” non solo è fuorviante, ma è politicamente e ideologicamente, sbagliato. La nostra presenza, cioè quella della Difesa, in Sardegna si inserisce in un quadro di cooperazione internazionale, sviluppo tecnologico e crescita economica per il territorio».

Il deposito di Guardia del Moro è ancora coperto dal segreto di Stato. C’è la possibilità che venga restituito alla Sardegna?

«Comprendo, come ministro e come governo, l’attenzione e la preoccupazione della comunità locale su questo tema. Si tratta di un’area che ha avuto un ruolo strategico e su cui permangono vincoli legati alla sicurezza nazionale e agli accordi internazionali. Siamo disponibili a valutare ogni richiesta di razionalizzazione delle infrastrutture militari, ma ogni decisione dovrà essere frutto di un confronto approfondito con tutti gli attori coinvolti, inclusi gli alleati».

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L’Europa sta aumentando le spese militari. Si parla ciclicamente del ritorno della mini-naja. Quale futuro immagina per l’Esercito?

«Il contesto internazionale, sempre più preoccupante e, insieme, sempre più minaccioso, richiede un rafforzamento della nostra capacità di difesa. L’Italia deve garantire il proprio contributo, come deciso nelle sedi internazionali. Il nostro modello di reclutamento si basa su una componente altamente specializzata, ma in futuro potrebbe essere necessario valutare forme integrative di impiego e di uso, come la riserva selezionata. Sarà il Parlamento a esprimersi in base all’evoluzione dello scenario geopolitico. Per dirla con un grande sardo, Antonio Gramsci, “viviamo in un mondo grande e terribile’. Dobbiamo adeguarci ad esso e prevenire ogni possibile, futura, rischiosa, minaccia».

Mattarella ha paragonato la situazione attuale alla crisi di Monaco del 1938. Cosa ne pensa?

«Le parole del nostro Presidente sono un monito chiaro e fermo, di una evidenza che solo uno stolto può non capire: la Storia ci insegna che non reagire con fermezza alle minacce può avere conseguenze drammatiche. L’aggressione russa all’Ucraina ha messo in discussione i principi fondamentali dell’ordine internazionale. L’Europa deve dimostrare coesione e determinazione, rafforzando la sua sicurezza senza rinunciare all’arte della diplomazia».

Se gli Stati Uniti ridimensionassero il loro ruolo nella Nato, l’Europa sarebbe pronta a difendersi da sola?

«L’Europa deve assumersi maggiori responsabilità in materia di difesa. Gli Stati Uniti restano il nostro principale alleato, ma l’autonomia strategica europea non deve essere vista come una assurda, e sciocca, alternativa alla Nato, bensì come un rafforzamento della sicurezza collettiva Servono più investimenti, maggiore cooperazione industriale e una visione strategica sempre più comune. Dobbiamo lavorare affinché l’Europa possa garantire la propria sicurezza in modo sempre più autonomo. Mi sono permesso di dire, anni fa, “vox clamans in deserto”, che gli investimenti per la Difesa della UE andavano scorporati dal Patto di Stabilità e Crescita. Quando lo dissi, nessuno capì. Oggi lo dicono tutti, dalla Von der Layen a tutti i governi Ue. Che dire? Dovrei compiacermi ma sono deluso per il tempo perso».

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