Stroppa attacca su X perché ministro intenda: così Urso frena Starlink

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Il numero uno del Mimit sta seguendo l’iter del ddl Spazio alla Camera. A palazzo Chigi hanno mandato avanti lui su una partita molto delicata 

È la partita più delicata di tutte per la destra di Giorgia Meloni, chiamata a un raro esercizio di equilibrismo: frenare gli appetiti di Elon Musk senza rovinare i rapporti con Mr. Space X, che nel frattempo detta legge – da par suo – al fianco di Donald Trump alla Casa Bianca.

In campo per il governo c’è Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy e autorità delegata all’aerospazio, quindi firmatario del disegno di legge governativo che ha superato il vaglio della commissione Trasporti alla Camera e ora sta per approdare in aula a Montecitorio: lunedì è fissato il termine per la scadenza degli emendamenti.

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Lo spazio di Urso

Urso è il frangiflutti delle ambizioni di Musk, che grazie ai buoni uffici vantati a palazzo Chigi era il candidato naturale a mettere le mani sul controllo satellitare dell’Italia. Sembrava una cosa scontata. Il post velenoso di Andrea Stroppa, emanazione italiana di Musk, è stato lo specchio dell’irritazione. Quel «non chiamateci più», rivolto a Fratelli d’Italia, sembrava una mezza minaccia. Il messaggio aveva destinatari precisi: i big del governo che stanno trattando la materia.

E in prima fila c’è proprio Urso, che non da ora ha mostrato un approccio laico – i più maligni dicono «ostile» – verso il proprietario di X, l’ex Twitter. Un fatto è certo: a differenza di altri, non mai è stato molto attratto dalla galassia Musk, un po’ per esperienze poco positive (su investimenti attesi) in passato e un po’ per una diffidenza culturale.

A palazzo Chigi osservano l’iter del ddl sulla space economy con un mix di interesse e preoccupazione. Da un lato viene ritenuto giusto porre un freno alle ambizioni di Musk, dall’altro c’è il timore che ai post di Stroppa possano seguire i fatti. Con un conseguente irrigidimento dei rapporti. La strategia di Urso risulta funzionale a Giorgia Meloni.

La premier può evitare di esporsi direttamente su una vicenda complicata da gestire. Nella peggiore delle ipotesi, può scaricare le responsabilità su un ministro che, in più di qualche occasione, è stato messo nella lista dei “rimpastabili”, quelli in odore di rimozione in caso di rimpasto. Un’eventualità che comunque non si è mai concretizzata anche nei momenti più complicati per il ministro, come la vicenda di Condotte acqua spa – raccontata da Domani – con il siluramento dei commissari con metodi molto spicci.

Urso, in ogni caso, sui satelliti non è intenzionato ad arretrare, sebbene qualcuno suggerisca un approccio più felpato. Il ministro, nei ragionamenti con l’inner circle meloniano, ha ribadito di non voler fare la guerra a nessuno. «Vogliamo solo tutelare l’interesse nazionale», è stata la linea dettata da Urso, immaginando che tutti i colleghi dell’esecutivo – data l’estrazione sovranista – possano seguirlo su questa rotta.

Sa che si gioca un pezzo importante della sua credibilità. «È il ministro del made in Italy, non può mettere la faccia su un provvedimento poco attento alle garanzie del paese», osservano fonti di maggioranza.

C’è ovviamente un margine di incertezza: nel caso in cui l’Italia debba affidarsi in tempi stretti a dei satelliti dovrebbe rivolgersi agli operatori attuali. Quindi con Starlink di Musk, finché sarà il principale player del mercato.

L’ordine di scuderia è quello di dare seguito alla relazione (in fase di stesura) dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, per arrivare a una costellazione satellitare nazionale che possa essere usata a quella europea per limitare l’affidamento ai privati.

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Satelliti alla Camera

Da quanto apprende Domani, Stroppa – e quindi il suo “capo” – non è di casa al Mimit. Ha spalancato a Kimbal Musk, fratello di Elon, le porte di palazzo Chigi dimostrando una certa facilità di accesso alla presidenza del Consiglio. Mentre al ministero di Urso si è fatto vedere in qualche occasione come accompagnatore degli staff legali, a cui si è affidata Starlink, nei tavoli per il servizio ai privati (attivo da qualche anno).

La cartina di tornasole resta il disegno di legge sulla space economy. Un segnale è arrivato fin dalla nomina dei relatori in commissione: FdI ha scelto il deputato Andrea Mascaretti, fedelissimo di Meloni ed esperto del settore. Che sicuramente non è un fan sfegatato di Musk.

Durante il primo esame del ddl, il Partito democratico ha cercato di mettere i puntini sulle “i”, fiutando l’aria di un possibile cadeau alla Starlink. Così il deputato del Pd, Andrea Casu, è diventato il mattatore: ha presentato degli emendamenti per specificare la necessità di ridurre al minimo il rischio di firmare contratti troppo generosi per Musk. Così è stato messo nero su bianco, d’intesa con la destra, di anteporre la «sicurezza nazionale» e soprattutto l’assicurazione «di un adeguato ritorno per il sistema paese». Significa che le aziende private non hanno mani libere. Sono solo pezzi di un puzzle che si sta componendo. I dem hanno intenzione di insistere, presentando degli emendamenti che non saranno “anti-Starlink”.

L’intento è di individuare un perimetro entro cui muoversi per non consegnarsi in toto ai privati. Una delle proposte è quella di prevedere il coinvolgimento dei soggetti istituzionali negli accordi con i privati sull’impiego dei satelliti. L’impegno può manifestarsi con una compartecipazione societaria o più semplicemente con l’esercizio di una forma di controllo pubblico.

«Votando i nostri emendamenti, Giorgia Meloni dimostrerebbe, in un colpo solo, di non essere ricattabile e di non essere comandabile da un singolo tweet», dice Casu a Domani. La questione è scivolosa.

In ambienti parlamentari si vocifera di una maggioranza che non vuole creare ulteriori frizioni con il mondo di Musk: a Montecitorio terrà un low profile. E, nel caso, sarà Urso a sbrogliare la matassa con appositi decreti attuativi che non cedano su tutto il fronte a favore di Mr. Space X.

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