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Crisi Stellantis: Comito, questione di sopravvivenza #finsubito prestito immediato


Le difficoltà di Stellantis, l’inazione del governo, la transizione all’elettrico. E ancora: l’ondate di chiusure e licenziamenti in Germania, il protagonismo della Cina, i dazi annunciati dal neopresidente statunitense Trump. Il mondo dell’automotive è in rapidissima trasformazione, ma il nostro Paese sembra sempre più ai margini dello sviluppo mondiale. A guidarci nell’analisi di questo settore così importante è il professor Vincenzo Comito, economista e componente della redazione di Sbilanciamoci.

Qual è la situazione attuale di Stellantis?

Non mi sembra in grado di stare sul mercato da sola. Non è presente in Asia, che rappresenta il 60 per cento del mercato mondiale. È debole sull’elettrico ed è molto debole sulla prossima rivoluzione del settore, ossia quella dell’auto a guida autonoma. Ha una gamma di modelli piuttosto vecchia ed è in perdita sia come vendite sia come redditività. Spero di sbagliarmi, ma credo che la sua sola possibilità di sopravvivenza sia di allearsi con i tedeschi o con i cinesi.

La produzione di auto Stellantis in Italia è sempre più ridotta. L’impressione è che l’ex Fiat si stia progressivamente disimpegnando dal nostro Paese.

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Mi sembra che le difficoltà di Stellantis siano gravi quasi ovunque, non direi che l’Italia ha un trattamento peggiore di quello riservato alla Francia o agli Stati Uniti. In questo ultimo Paese, ad esempio, Stellantis tende a vendere sempre meno. Il neopresidente Trump, inoltre, minaccia di porre dazi del 25 per cento sulle importazioni di auto provenienti da Messico e Canada, ma una parte molto consistente delle auto Stellantis, come di General Motors o Ford, sono prodotte proprio in quei Paesi. Se questa minaccia venisse portata avanti davvero, per Stellantis sarebbero guai seri.

Le dimissioni di Tavares, e quindi l’arrivo di un nuovo ceo, possono invertire questa tendenza?

Non credo che cambierà molto, perché la situazione strutturale di Stellantis non so come si possa risolvere. Trovo incredibile, invece, il fatto che Tavares sarà sostituito soltanto fra qualche mese. Nell’automotive tutto sta cambiando molto velocemente, oggi in quel settore un mese è come un anno.

Passiamo al governo. Il “tavolo automotive” avviato dal ministero delle Imprese da un anno e mezzo non sta producendo risultati, per di più i fondi inizialmente destinati al settore sono stati praticamente azzerati. Come dovrebbe fare l’esecutivo?

Dovrebbe anzitutto supportare molto l’auto elettrica, ma è contrario a tutte le misure volte ad attenuare la crisi climatica, quindi lo fa controvoglia. Dovrebbe sostenere il settore con incentivi, soprattutto alla ricerca. Dovrebbe pensare anche alla componentistica, con una serie di provvedimenti orientati a incoraggiare le imprese, che sono perlopiù di piccole dimensioni, a fondersi tra loro. Ma dubito che riusciranno a fare qualcosa di sensato.

Nell’esecutivo si parla sempre più di creare le condizioni per attrarre produttori cinesi nel nostro Paese. È una strada percorribile?

Di fronte alla crisi di Stellantis il governo cerca da tempo di attrarre gli investimenti cinesi nel settore. Nel frattempo, però, a Bruxelles vota contro i cinesi, nel contempo crea difficoltà a tutti gli investimenti del Paese asiatico in Italia. Non vedo, quindi, come si potrà riuscire in questa impresa.

In Germania sembra stia accadendo l’impensabile: la Volkswagen annuncia chiusure e licenziamenti. Quali conseguenze potranno esserci per i fornitori italiani?

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La Germania è il principale mercato di sbocco della componentistica nazionale: se i tedeschi incontrano difficoltà, se si chiudono, le nostre imprese ne risentiranno molto. Le nostre imprese di componentistica, inoltre, devono anche affrontare il difficile passaggio alle tecnologie elettriche, visto che sono perlopiù specializzate nelle tecnologie meccaniche. Bisognerebbe sostenerle in questa transizione, che è comunque molto complicata.

Ultima questione: la transizione all’elettrico. A che punto siamo?

Va detto, anzitutto, che la scadenza del 2035 cui si stanno attaccando ferocemente il nostro governo e anche i governi di altri Paesi non è troppo presto, semmai è troppo tardi, considerata la crisi climatica che incombe. Sull’elettrico non c’è alcuna difficoltà tecnica ad andare avanti, le imprese stanno investendo moltissimo. In Norvegia, dove ormai si vendono quasi solo auto elettriche, sta tutto funzionando egregiamente, come anche in Cina, dove oltre il 50 per cento delle auto vendute sono in qualche modo legate all’elettrico.



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