“Il segnale che Trump ha mandato è inequivocabile: Putin ha guadagnato margini nei confronti di tutti gli altri leader internazionali. Era quello di cui aveva bisogno: la Russia è un Paese in oggettive difficoltà economiche e non può più essere isolato da una compagine così importante di Stati. Trump di fatto ha scaricato l’Ucraina, anche se ci ha abituato ai suoi voltafaccia”, dice al Sir il direttore del Cespic
Il litigio tra Zelensky e Trump, avvenuto ieri nello Studio ovale in diretta mondiale, ha certamente imposto un tanto duro quanto inatteso stop al processo di pace. Niente accordo sulle terre rare e quindi niente difesa dell’Ucraina da parte degli Usa che, invece, pare avvicinarsi sempre di più alla Russia. Tutto questo di fronte ad un’Europa che, in pochi minuti, ha dovuto prendere atto di dover cambiare rapidamente strategia diplomatica per non rischiare di vedersi ancora più isolata. Per capirne di più, il Sir ha raccolto il parere di Raul Caruso, ordinario di Politica economica all’Università Cattolica, titolare del corso di Economia della pace e direttore del Cespic-Centro europeo di Scienza della pace, integrazione e cooperazione.
Andiamo per ordine professore: come è nata l’idea di un’intesa sulle terre rare?
Zelensky ne aveva discusso già nello scorso settembre sia con la squadra dell’allora presidente Biden, sia con quella di Trump. Zelensky era già consapevole che il consenso Usa all’Ucraina stava sfaldandosi. Ma già allora erano emersi subito diversi dubbi sulla possibilità di un accordo.
In che senso?
Una quantificazione precisa del valore e della quantità di minerali e di terre rare di fatto non c’è mai stata. Non è mai stato nemmeno chiaro quali metalli vi siano davvero. Tra l’altro, lo sfruttamento di queste risorse avrebbe dovuto iniziare da zero. Il valore di circa 500 miliardi, di cui si è letto sui media in questi giorni, è assolutamente una stima che, tra l’altro, non tiene conto dei costi di sfruttamento.
Le terre rare però sono davvero risorse importanti?
Certamente. Il mercato delle terre rare, e in generale dei minerali, è in aumento a causa della crescita della domanda da parte dell’industria in generale. Non solo quella bellica. Un accordo di sfruttamento sarebbe stato di grande interesse. Il tema delle terre rare e dei minerali, d’altra parte, è lo stesso che sta dietro alle mire degli Usa sulla Groenlandia.
Torniamo a quanto è accaduto. Lei come lo interpreta?
A me è davvero sembrato un messaggio diretto più a Putin e all’Europa, ma anche ai Democratici.
Era impensabile che un accordo di quel genere si potesse firmare in diretta televisiva: non erano nemmeno stati imbastiti i dettagli tecnici. L’unica cosa positiva, forse, è che finalmente è stato detto chiaro che la guerra non è iniziata nel 2022 ma nel 2014 con l’invasione della Crimea.
Adesso cosa accade?
Accadono diverse cose. Prima di tutto Putin è più forte di prima. Il segnale che Trump ha mandato è inequivocabile: Putin ha guadagnato margini nei confronti di tutti gli altri leader internazionali. Era quello di cui aveva bisogno: la Russia è un Paese in oggettive difficoltà economiche e non può più essere isolato da una compagine così importante di Stati. Trump di fatto ha scaricato l’Ucraina, anche se ci ha abituato ai suoi voltafaccia.
Gli Usa che si alleano con la Russia?
Forse metterla così è troppo, ma la diretta del bisticcio fa il paio con il voto all’Assemblea generale dell’Onu con gli Usa che hanno votato con la Corea del Nord: impensabile fino a qualche giorno fa.
Poi?
Il secondo punto è che le elezioni in Ucraina diventano un passaggio fondamentale. Trump ha detto ieri che Zelensky gioca con la vita dei suoi cittadini. L’impressione è che sia stato lanciato un altro messaggio: se Zelensky se ne va, si può riparlare su tutto.
Poi c’è l’Europa.
Esattamente. A questo punto l’equilibrio in Europa diventa un po’ più problematico. I leader dell’Ue devono guardarsi in faccia e decidere cosa fare. E l’idea che l’Europa riesca a ricompattarsi in tempi brevi è davvero molto difficile da mettere in pratica.
Quindi, cosa si può fare?
Torna fondamentale il ruolo del Regno Unito, unico Paese europeo che può tenere aperto un canale con gli Usa ma che è fermo sulla sua posizione antirussa.
È necessario quindi che l’Ue torni a dialogare in modo costruttivo e concreto con il Regno Unito. L’Europa non può immaginare di sostenere l’Ucraina da sola e all’infinito.
E l’Ucraina?
È necessario mettere mano all’integrazione di questo Paese nello spazio europeo. Non bastano le armi, dobbiamo integrare l’Ucraina per renderla più solida economicamente e socialmente e per farlo sono necessarie politiche economiche importanti, prima di tutto quelle agricole. E tutto questo però va deciso e avviato in tempi brevi.
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