Abusi sessuali nelle Diocesi di Bolzano-Bressanone e di Piazza Armerina. Storia di insabbiamento e una avanguardia solitaria di trasparenza in Italia

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.01.2025 – Ivo Pincara] – Ritorniamo sui due casi di cui abbiamo riferito ieri [Rapporto indipendente sugli abusi sessuali nella Diocesi di Bolzano-Bressanone nell’ambito del progetto “Il coraggio di guardare” e Gisana, Murgano e Rugolo, pizzetti e merletti. Vescovo e Vicario Giudiziale di Piazza Amerina rinviati a giudizio. La Santa Sede ha inviato un Visitatore Apostolico], con le osservazioni della vaticanista Franca Soldati su Il Messaggero [Abusi in parrocchia, il vescovo Gisana rinviato a giudizio mette in difficoltà il Papa (che lo aveva difeso)] e del giornalista Stefano Feltri su Appunti [La trasparenza possibile. La diocesi di Bolzano Bressanone dimostra che anche in Italia, se si vuole, si può scoperchiare il sistema di complicità e omissioni che da decenni copre i preti abusatori], di oggi.

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Scrive Franca Giansoldati: «La faccenda si sta facendo seria e rischia di mettere in grave imbarazzo persino Papa Francesco che, l’anno scorso, aveva difeso a spada tratta il vescovo siciliano, Monsignor Rosario Gisana lodandolo pubblicamente: “Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, un uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo vescovo”. Ma di fronte alle ultime decisioni dei magistrati del Tribunale di Enna di mandarlo a giudizio per falsa testimonianza su una bruttissima vicenda di abusi sessuali su un minore commessi da un prete da lui protetto e trasferito altrove [*] nonostante la condanna a quattro anni dal giudice (dopo accurate indagini coordinate dalla Procura e condotte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dal Commissariato di Gela) ha deciso di vederci più chiaro. Chi ha mentito, come sono andate le cose, chi ha informato Santa Marta inducendo il Papa ad esporsi per difendere Gisana? (…)
È questo il primo vescovo italiano che andrà a processo sulla gestione di un caso di abuso. Resta in Vaticano l’imbarazzo profondo per una vicenda che investe inevitabilmente anche Papa Francesco. Con il Motu proprio del 2016 Papa Francesco ha stabilito che i vescovi negligenti siano rimossi dal loro incarico. Spetta naturalmente ad una indagine canonica giudicare il loro comportamento. In pratica nel provvedimento è stato stabilito che, tra le “cause gravi” che il diritto canonico già prevede per la rimozione dall’ufficio ecclesiastico (di vescovi, eparchi o superiori maggiori), va compresa anche la negligenza rispetto ai casi di abusi sessuali. La decisione deve comunque sempre essere sottomessa all’approvazione del Pontefice. Nel caso di Gisana “ometteva con ogni evidenza qualsivoglia doverosa seria iniziativa a tutela dei minori della sua comunità e dei loro genitori – scrivono i magistrati – nonostante la titolarità di puntuali poteri conferiti nell’ambito della rivestita funzione di tutela dei fedeli, facilitava l’attività predatoria di un prelato già oggetto di segnalazione. Sarebbe stato doveroso da parte della autorità religiosa alla guida della diocesi non solo segnalare alle autorità religiosa queste denunce secondo le procedure esistenti nel diritto canonico ma ancora prima di precludere anche in via cautelativa a Rugolo di coordinare e gestire numerosi gruppi di giovani in attività ricreativa a sfondo religioso”. Nessun controllo veniva così attivato a tutela dei ragazzi e di Don Rugolo che commetteva impunemente “abusi sessuali ai danni di due giovani adolescenti, consapevole di poter contare sull’appoggio dei vertici religiosi che al contrario contribuivano a rafforzare all’esterno l’immagine di padre Rugolo quale esponente di spicco del clero locale”. La conclusione della magistratura è lapidaria: “L’imputato e la Curia vanno condannati a rifondere alle medesime parti civili le spese di costituzione e difesa”».

[*] Il Vescovo di Piazza Armerina – pur “sapendo ogni cosa” – nel novembre 2019 decise di traccheggiare e trasferire Don Giuseppe Rugolo al Nord, nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchia, con la motivazione ufficiale che doveva terminare gli studi teologici, e dove puoi fu messo agli arresti domiciliari.

Scrive Stefano Feltri: «Il Presidente dei vescovi italiani Matteo Maria Zuppi è di solito molto loquace, ha commentato in questi giorni perfino l’ipotesi di un nuovo partito cattolico. Speriamo trovi il tempo di esprimersi anche sul Vescovo Gisana e sul rapporto su abusi e coperture in Alto Adige.
Nella Diocesi di Bolzano-Bressanone ben 15 preti accusati di abusi sessuali su minori hanno continuato a prestare servizio come se niente fosse, per anni, in alcuni casi per tutta la loro carriera. Due di loro erano anche stati condannati dalla giustizia penale laica, dello Stato italiano, ma al vescovo non importava.
Come nella famigerata Diocesi di Boston raccontata dal film Spotlight, anche in Alto Adige i vertici della Curia lavoravano per proteggere i preti abusatori, non le loro vittime. Appena si arrivava allo scandalo, appena qualche parrocchiano protestava, o emergevano racconti di comportamenti quantomeno inappropriati, i vescovi si preoccupavano di proteggere il prete. Mai le vittime.
Poi le cose sono cambiate, soprattutto dal 2010, quando la diocesi ha istituito un primo Centro diocesano d’ascolto, un punto sicuro per denunciare quei problemi che prima venivano riferiti soltanto al parroco, o magari al vescovo, cioè agli insabbiatori.
Da allora molto è cambiato nella Diocesi di Bolzano Bressanone, che adesso è una avanguardia solitaria in Italia in uno sforzo di trasparenza che in altri Paesi ha spinto la Chiesa a una decisa rottura con il passato. (…)».
Come abbiamo riferito, il Vescovo di Bolzano-Bressanone, Mons. Ivo Muser, dopo i suoi commenti a caldo [QUI], si è preso fino a venerdì 24 gennaio 2025, per ragionare e affrontare poi i giornalisti in conferenza stampa.

Conclude Stefano Feltri: «Anche se l’indagine gli riconosce il merito di aver scoperchiato scandali a lungo sommersi, anche la sua gestione dei casi di abusi viene criticata».

Due anni fa, gli sono state mosse critiche, con l’accusa di non aver supportato adeguatamente le indagini sugli abusi sessuali all’interno della sua diocesi, avviate dal suo predecessore, Mons. Karl Golser, dimessosi per motivi di salute:

  • Bolzano, i primi a indagare ma anche i primi a insabbiare di Federica Tourn su Domani, 13 giugno 2022 [QUI]
  • L’inchiesta sulla Chiesa altoatesina di Valentino Liberto su Salto, 16 giugno 2022 [QUI]

Il Vescovo Ivo Muser

Ivo Muser è nato nel 1962 come terzo figlio di una famiglia di lavoratori. Ha frequentato la scuola elementare a Gais, la scuola media e il ginnasio umanistico a Brunico. Dopo la maturità nel 1981, ha incominciato la sua formazione sacerdotale nel Collegio Canisianum ad Innsbruck e la sua formazione filosofico-teologica presso la Facoltà di Teologia ad Innsbruck. È stato ordinato diacono nel 1986 e ha svolto il suo anno pastorale a Siusi allo Sciliar. Il 28 giugno 1987 è stato ordinato sacerdote ed in seguito è stato per due anni cooperatore a Dobbiaco, prima di diventare (fino al 1991) il Segretario particolare del Vescovo Wilhelm Egger. Dal 1991 al 1995 ha conseguito la Licenza e il Dottorato presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Nel 1995 è stato nominato padre spirituale presso il Vinzentinum e in questo periodo ha incominciato la sua attività didattica presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone. Nel 1996 è stato nominato Rettore del Seminario Maggiore e in aggiunta dal 1997 Responsabile per i diaconi permanenti. Nel 2002 è stato nominato Canonico della Cattedrale di Bressanone e nel 2005 anche Decano.

Eletto il 27 luglio 2011 da Papa Benedetto XVI Vescovo di Bolzano-Bressanone, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 9 ottobre 2011 e nel contempo ha preso possesso della diocesi. Dal 29 novembre 2011 è Presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Regionale del Triveneto, di cui è Vicepresidente dal 24 maggio 2016.

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Caso Rugolo – Indice [QUI]





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