La Lega araba adotta il piano egiziano per la ricostruzione di Gaza – Euractiv Italia

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I Paesi della Lega araba hanno adottato il piano egiziano per la ricostruzione di Gaza, considerato una possibile via d’uscita dalla devastante guerra condotta dallo Stato di Israele contro l’enclave palestinese dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 condotti da Hamas.

Il piano è stato presentato dall’Egitto durante il vertice della Lega araba al Cairo a cui hanno preso parte anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Il piano offre un’alternativa alla controversa proposta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di spopolare la Striscia di Gaza per “sviluppare” l’enclave, sotto il controllo di Washington, in quella che i critici hanno definito pulizia etnica. Secondo il piano egiziano, la popolazione palestinese di Gaza non sarebbe costretta a lasciare il territorio.

Intervenendo all’inizio del vertice, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha affermato che Trump sarà in grado di raggiungere la pace nel conflitto israelo-palestinese. Trump aveva insistito affinché Egitto e Giordania accogliessero i palestinesi costretti ad abbandonare Gaza in base al suo piano, ma la proposta è stata rapidamente respinta e gli Stati Uniti hanno fatto sapere di essere aperti ad ascoltare quale sarebbe un piano arabo per la ricostruzione postbellica di Gaza.

La struttura del piano

Secondo quanto riporta l’emittente panaraba Al Jazeera, la prima fase durerebbe circa sei mesi, mentre le due fasi successive si svolgerebbero nell’arco complessivo di quattro o cinque anni.

L’obiettivo è ricostruire Gaza, che Israele ha quasi completamente distrutto, mantenere la pace e la sicurezza e riaffermare il governo dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) nel territorio, 17 anni dopo la sua cacciata a seguito dei combattimenti tra Fatah, che domina l’ANP, e Hamas.

Per quanto riguarda le modalità di ricostruzione, un periodo provvisorio di sei mesi richiederebbe a un comitato di tecnocrati palestinesi, operanti sotto la direzione dell’ANP, di sgomberare le macerie da Salah al-Din Street, la principale autostrada nord-sud della Striscia di Gaza.

Una volta ripulite le strade, verranno costruite 200.000 unità abitative temporanee per ospitare 1,2 milioni di persone e saranno restaurati circa 60.000 edifici danneggiati.

In base al piano, la ricostruzione a lungo termine richiederà altri quattro o cinque anni dopo il completamento delle misure provvisorie. In tale arco di tempo, il piano mira a costruire almeno 400.000 case permanenti, nonché a ricostruire il porto marittimo e l’aeroporto internazionale di Gaza.

Gradualmente verrebbero ripristinati anche i servizi essenziali quali l’acqua, il sistema di smaltimento dei rifiuti, i servizi di telecomunicazione e l’elettricità.

Il piano prevede inoltre l’istituzione di un Consiglio direttivo e di gestione, che rappresenterebbe un fondo finanziario a sostegno dell’organismo di governo ad interim di Gaza.

Inoltre, si terranno conferenze ai donatori internazionali per raccogliere i fondi necessari alla ricostruzione e allo sviluppo a lungo termine della Striscia.

Il governo della Striscia di Gaza

Il piano prevede che un gruppo di “tecnocrati palestinesi indipendenti” gestisca gli affari a Gaza, sostituendo di fatto Hamas, ma non è ancora chiaro che fine farebbe il gruppo islamista palestinese. Secondo al-Sisi, il governo tecnico sarebbe responsabile della supervisione degli aiuti umanitari e spianerebbe la strada all’amministrazione di Gaza da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Il piano non menziona le elezioni, ma, come riporta Al Jazeera, intervenendo al vertice, il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha affermato che le elezioni potrebbero aver luogo già l’anno prossimo, se le circostanze lo consentiranno.

Sul fronte della sicurezza, Egitto e Giordania si sono entrambi impegnati ad addestrare ufficiali di polizia palestinesi e a dispiegarli a Gaza. I due Paesi hanno anche chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di prendere in considerazione l’autorizzazione di una missione di mantenimento della pace per supervisionare la governance a Gaza fino al completamento della ricostruzione.

In totale il piano in tre fasi costerà circa 53 miliardi di dollari. La prima fase, ovvero la rimozione delle macerie dalla principale arteria stradale che collega la Striscia e la costruzione di alloggi temporanei e il ripristino delle case parzialmente danneggiate costerà circa 3 miliardi di dollari. Almeno 20 miliardi costeranno invece il proseguimento della rimozione delle macerie e l’istituzione di reti e servizi e altri unità abitative.

La terza fase costerà invece 30 miliardi di dollari e includerà il completamento lungo un arco di due anni e mezzi delle unità abitative per tutta la popolazione sfollata, l’allestimento di una prima fase di industrializzazione per fornire posti di lavoro, oltre alla costruzione di un porti per la pesca e commerciali, la ricostruzione dell’aeroporto e altri servizi.

In base al piano presentato dall’Egitto il denaro verrà reperito da una varietà di fonti internazionali, tra cui le Nazioni Unite e le organizzazioni finanziarie internazionali, nonché investimenti esteri e del settore privato.

Hamas accoglie il piano

Il gruppo al potere a Gaza, Hamas, ha accolto con favore l’impegno dei Paesi arabi nel respingere i piani che prevedono il trasferimento della popolazione di gasa, sottolineando che ciò rappresenta una fase avanzata dell’allineamento arabo e islamico alla causa palestinese. Il gruppo palestinese, autore degli attacchi del 7 ottobre, ha inoltre accolto con favore il piano di ricostruzione proposto dall’Egitto.

Hamas ha anche chiesto di fornire gli elementi per il successo del piano arabo di ricostruzione di Gaza, appoggiando la decisione di formare un comitato di supporto per amministrare Gaza come parte dello Stato di Palestina. Inoltre, il gruppo ha anche accolto con favore l’appello del Presidente palestinese Mahmoud Abbas a indire elezioni legislative e presidenziali.

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Il rifiuto di Israele e i dubbi degli Stati Uniti

Il piano egiziano è stato invece respinto dallo Stato di Israele. In una nota il ministero degli Esteri israeliano ha affermato che il piano non affronta la realtà della situazione a Gaza, sottolineando che Hamas non può rimanere nell’enclave. Il ministero degli Esteri dello Stato ebraico ha denunciato inoltre la totale assenza nella dichiarazione finale del vertice della Lega araba dell’attacco compiuto da Hamas il 7 ottobre 2024, affermando che si basa sulla “corrotta” Autorità nazionale palestinese (ANP) e sull’UNRWA, come lei stessa le ha descritte.

Secondo Israele, la popolazione di Gaza dovrebbe essere incoraggiata dall’idea del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

L’Egitto ha definito la risposta di Israele “inaccettabile”, con il ministro degli Esteri Badr Abdelatty che ha descritto la posizione del governo Netanyahu come “testarda ed estremista”.

Abdelatty ha affermato che sarebbe impossibile vedere la pace nella regione senza uno stato palestinese indipendente. “Nessun singolo stato dovrebbe essere autorizzato a imporre la propria volontà alla comunità internazionale”, ha aggiunto.

Anche gli Stati Uniti hanno espresso il loro scetticismo. “Il piano attuale non tiene conto del fatto che Gaza è attualmente inabitabile e che i residenti non possono vivere in mezzo a macerie e ordigni inesplosi”, ha affermato Brian Hughes, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, secondo quanto riporta l’emittente panaraba Al Arabiya. Hughes ha anche aggiunto che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump resta fedele alla sua visione di ricostruire Gaza “libera da Hamas”. Tuttavia, Hughes ha sottolineato che gli Stati Uniti “attendono con interesse ulteriori discussioni” sulla questione.

Nel suo discorso al Congresso di mercoledì, Trump ha evitato di entrare nei dettagli del dossier palestinese e di Gaza, affermando solo di essere determinato a restituire i prigionieri e a portare la pace in Medio Oriente.



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